venerdì 27 febbraio 2009

NON SEPARARE LA SCUOLA DALLA VITA


Nel mio lavoro pedagogico mi ritorna spesso in mente la scuola della mia infanzia.

Arrivavamo a scuola attraverso le strade e i sentieri, ebbri di aria aperta, nutriti delle opere che per noi avevano un grande significato, opere legate alla nostra vita presente e futura. Nutriti di giochi naturali e di canti di uccelli.


Le preoccupazioni? Ben di rado ci accompagnavano.

Il ragazzo in libertà, tra i suoi compagni, non è mai preoccupato, a meno che sia malato. La vita lo accaparra e lo sospinge avanti con un ottimismo fiducioso e promettente.
Eccoci giunti a scuola. Le idee non ci mancavano, e originali. La parola ci soccorreva veloce, con sottigliezza e arguzia. Si incrociavano le iniziative buone o cattive.

Ma bruscamente la campana suonava, producendoci ad un tratto una specie di vuoto interiore.
La vita si fermava lì: la scuola cominciava.

Un mondo nuovo, totalmente differente da quello che vivevamo: con altre regole e altri obblighi, altri interessi. O, cosa più grave, un'assenza di interessi talvolta drammatica. Un'ultima volta contavamo le palline nelle nostre tasche, nascondevamo una bella conchiglia trovata per la strada, e che avremmo ritrovata all'uscita dalle lezioni. Dovevamo scacciare il cane, che ci aveva seguito, e si mostrava ben sorpreso di vederci diventare anonimi, pallidi, tutti in riga, e scomparire in questo luogo separato dal mondo, e dove era proibita ogni vita.

Ponevamo il nostro cuore sul muricciolo antistante la scuola. Là forse poteva battere.
In classe certamente no.
La porta si richiudeva, la scuola cominciava.


Freinet, Le mie tecniche, Firenze, La Nuova Italia, 1969

Nessun commento: