domenica 30 novembre 2008

VALUTAZIONE DEGLI APPRENDIMENTI:
NO AL RITORNO AL VOTO

Ci perviene il documento sulla valutazione redatto da un gruppo di docenti e formatori nel campo dell'educazione linguistica.

Per arginare la deriva verso il "ritorno al voto", voluta dal Decreto Gelmini, che cancella, di colpo, anni di esperienza e di buone pratiche nelle scuole.


Iniziamo a sostenere, anche a Pavia, una battaglia per una valutazione funzionale all'apprendimento e a promuovere nelle scuole e nel paese una crescita culturale e professionale su questi temi.
Così come non sarà il voto in condotta a risolvere i problemi di disadattamento e di bullismo, tanto più l'utilizzo sintetico di un numero/valore di un scala di valutazione, sia esso cifra o aggettivo, potrà aiutare la famiglia e l'allievo a comprendere i limiti ed i problemi relativi al rendimento scolastico.

Daniela & Marcello
26 Novembre 2008

La prima diffusione del documento è a cura delle riviste “insegnare”, del CIDI e “Lend”, Lingua e nuova didattica.
Primi firmatari: Mario Ambel, Daniela Bertocchi, Umberto Capra, Valter Deon, Martin Dodman, Annarosa Guerriero, Cristina Lavinio, Edoardo Lugarini, Luciano Mariani, Graziella Pozzo, Franca Quartapelle ...


Chi voglia aderire al documento scriva una mail a: valutazionedoc@gmail.com
Oggetto: adesione
Testo: Sottoscrivo il documento "Per una valutazione degli apprendimenti".
Nome e Cognome, mansione, ordine di scuola o ente, città - indirizzo e-mail
oppure
Collegio docenti del ....
denominazione, indirizzo postale, indirizzo e-mail;
- allegare delibera o adesioni individuali

venerdì 28 novembre 2008

Piano programmatico: parere favorevole della VII Commissione della Camera

Nella seduta del 27 novembre 2008 la VII Commissione Cultura della Camera ha approvato, a maggioranza, il parere positivo del relatore, On. Aprea, sul piano programmatico in applicazione dei tagli previsti dall'art. 64 del D.L. 112/08 (ora Legge 133/08).


E' stato invece respinto l'articolato e documentato parere negativo proposto dall'opposizione.
Con una specie di "gioco delle tre carte" e con sofisticati artifici linguistici il parere definitivo, conferma sostanzialmente le condizioni indicate nella proposta originaria.
In particolare:
- evita di segnalare il parere negativo (richiamato nella prima stesura del parere) della Conferenza Unificata Stato-Regioni del 13 novembre scorso;
- ribadisce, inserendolo in tutti i passaggi delle "condizioni" elencate, il pieno rispetto degli obiettivi di taglio del D.L. 112;
- non prevede più la richiesta di evitare il ricorso all'esternalizzazione di servizi, in presenza di personale impiegato a tempo indeterminato nelle scuole.

La realtà è che il parere, a parole, tenta di ridurre i danni derivanti da questa vergognosa operazione di smantellamento della scuola pubblica, ma nei fatti non aggredisce nessuno degli elementi negativi che la manovra produce. Come rilevato, infatti, nella relazione di minoranza le condizioni poste nel parere di maggioranza, rappresentano una effettiva smentita della fattibilità del piano e pertanto avrebbero dovuto determinare un parere negativo e perfino la richiesta di modifica dei saldi previsti dal D.L. 112/08.
Così non è stato.
Per quanto siano presenti numerose condizioni che accolgono i rilievi e le richieste del sindacato, delle famiglie, delle associazioni professionali e dell'opposizione il parere è infarcito di continui richiami alla realizzazione dei tagli previsti.
In questo modo la maggioranza della Commissione ha abdicato al proprio ruolo di indirizzo per trasformarsi in mero esecutore degli ordini del governo.
E' prossimo anche il parere della VII Commissione Istruzione del Senato, dopo di che gli atti saranno inviati al ministro dell'istruzione che sta definendo i regolamenti.

La FLC Cgil, che guarda al merito e alla sostanza dei provvedimenti e non si lascia irretire dalle sole parole, continuerà in tutte le sedi a contrastare il piano di tagli e l'attacco alla scuola pubblica e al suo personale. Per questo, la FLC Cgil sarà insieme ai lavoratori della scuola che scenderanno ancora in piazza in occasione dello sciopero generale del prossimo 12 dicembre per ribadire le mille ragioni di chi ha a cuore lo sviluppo ed il futuro del Paese.

Commento e link tratti dal sito Federazione Lavoratori della Conoscenza Cgil.
Roma, 28 novembre 2008

Questione di priorità !!!!!!!!!

Vi segnalo che è stato convertito in legge il decreto “salva ippica”. La legge* prevede un contributo di 25 milioni di euro (quante scuole si mettono in sicurezza con 25 milioni di euro?) per il 2008 e, a partire dal primo gennaio 2009, la destinazione al mondo dell’ippica dello 0,70 per cento delle somme giocate con le slot-machine. “L’emendamento approvato - spiega il dirigente di An-Popolo della Libertà, responsabile del Dipartimento Agricoltura e Coordinatore Provinciale settore ippica, Rosario Lopa - è un passo importante, che dovrà impegnare il Governo ad tenere nella giusta considerazione l’ippica e tutti i suoi operatori.”

..Quando la scuola pubblica sarà del tutto annientata potremo sempre darci all'ippica !!!

Meditate, meditate !!!!

mercoledì 26 novembre 2008

Finalmente un DDL del PD sulla integrazione scolastica degli immigrati

Appena sotto questo post compare un lungo articolo, pubblicato da Cristina, che analizza le incongruenze e le assurdità delle classi ponte. Leggete anche il testo della mozione Cota, non è lungo, così potrete rispondere con motivato sdegno a chi tenterà di giustificarlo come testo di "buon senso".

In Materiali e Documenti, oltre che una splendida Nota tecnica delle Società di linguistica, trovate, anche e finalmente, una reazione concreta del PD.

La senatrice del PD, Albertina Soliani, insegnante e direttrice, presenta al Senato un Disegno di Legge (tre articoli chiari e netti) in cui è espressa in modo chiaro la posizione delle forze di sinistra e democratiche.

Era opportuno e necessario che oltre che dire NO ALLE CLASSI PONTE, in Parlamento si levasse una voce concreta e positiva: una Legge che si ispira a princìpi esattamente opposti a quelli razzisti della Lega e dei suoi accoliti di governo e della maggioranza PDL.

Anche la diffusione di questi princìpi di democrazia, commentati nella relazione introduttiva al DDL, deve essere parte del nostro agire politico nella battaglia più generale della scuola che stiamo portando avanti.

lunedì 24 novembre 2008

Apartheid a scuola ? No,grazie !

Da : lapoesiaelospirito.wordpress.com
Si appresta a diventare legge la mozione Cota, che prevede “classi ponte” per studenti stranieri. Il Presidente continua a fare opera di informazione. Intanto si vedono i risultati dell’attenzione del governo per la scuola, la quale il 29 novembre torna in piazza.

Una scuola di tutti e per tutti di Daniela Bertocchi
La mozione Cota, presentata dal capogruppo della Lega alla Camera e approvata il 14 ottobre, è diventata (tristemente) famosa come norma sulle classi-ponte per gli immigrati (anche se in realtà la mozione parla di “classi di inserimento”). Molti ne hanno sentito parlare in Tv o letto sui giornali, molti fortunatamente l’hanno anche disapprovata o si sono indignati, ma in realtà pochi ne hanno letto il testo originale, come spesso capita con i provvedimenti legislativi.
Vale quindi la pena di spendere qualche parola per presentarla (oltre che magari leggerla in originale).

Il testo è composto da una lunga premessa di tono vagamente sociologico, che dovrebbe giustificare le misure concrete assunte. Nella premessa si parla dell’alto numero di “studenti stranieri” “con cittadinanza non italiana” presenti nelle nostre scuole, con “diverso grado di alfabetizzazione linguistica”; si mette in rilievo che tali studenti non sono distribuiti in modo omogeneo sul territorio nazionale, ma si concentrano soprattutto al Centro Nord, in particolare nella scuola primaria e secondaria di 1° grado (ovvero elementare e media); si afferma che questi studenti provengono da 191 diversi paesi e che quindi spesso nelle classi si trovano studenti di provenienza differente.
Partendo da questi e da altri dati, si afferma poi che la presenza massiccia nelle classi di studenti con difficoltà linguistiche costituisce un problema sia per gli studenti italiani che “assistono a una penalizzante riduzione dell’offerta didattica” (in soldoni, secondo la mozione, imparano meno) sia per gli studenti stranieri stessi, che hanno percentuali di insuccesso scolastico più elevate della media italiana e per i quali quindi sarebbe vantaggiosa una “discriminazione transitoria positiva” (cioè, anche qui detto in soldoni, la frequenza di classi separate di alfabetizzazione).
Si cita il fatto che “la maggior parte dei paesi europei ha costruito luoghi d’apprendimento separati per i bambini immigrati”, riportando poi il caso della Grecia (non si sa scelta per quale presunta eccellenza pedagogica, che certo non risulta dalle indagini internazionali!), in cui si organizzano “classi propedeutiche o sezioni preparatorie” per gli alunni stranieri: il cui esempio, evidentemente, anche l’Italia dovrà seguire nell’interesse di tutti gli studenti, compresi quelli stranieri, i cui percorsi formativi, si dice nella mozione, sono tutelati dalla Convenzione internazionale dei diritti dell’infanzia, nonché dalla Costituzione italiana.

Prima ancora di passare ad un’analisi delle misure adottate, vale la pena di considerare meglio questa premessa, che qui è stata riportata molto sinteticamente. Tutto può sembrare molto di “buonsenso”, e in effetti è proprio al senso comune degli Italiani in genere e dei “Padani” in particolare che questa mozione proposta dalla Lega e adottata dal Parlamento fa appello. Peccato che molti elementi, già della premessa, mostrino scarsa informazione e uso “di parte” dei dati.

Prima di tutto, come sa chiunque si occupi minimamente del problema, la definizione stessa di “studenti stranieri” è vaga e fuorviante. Chi è lo studente straniero? Quello che non ha la cittadinanza italiana? Quello che è arrivato in Italia di recente e ha compiuto parte della propria scolarizzazione all’estero? Chi è nato in Italia da genitori stranieri? Chi, pur avendo la cittadinanza italiana in quanto adottato, proviene, magari già nella seconda infanzia, da un altro paese? Ovviamente anche i dati cambiano di natura e di significato a seconda della definizione che viene presa in considerazione.
Il fatto che nelle classi in cui più alta è la percentuale di studenti stranieri anche quelli italiani “imparino meno” è un’affermazione non suffragata da alcun dato oggettivo né da alcuna indagine ad hoc: ha piuttosto l’aria di essere ripresa dalle classiche lamentele dei genitori, parecchi dei quali mandano i figli in una scuola in cui “ci sono solo italiani” e “si fa il buon vecchio programma di una volta”.
Non è neppure vero che la maggior parte dei paesi europei adotti una politica di classi “separate”: o meglio, questo è stato vero in passato, ma sempre di più si sta arrivando, in tutta Europa, a una politica di classi integrate (in cui gli studenti provenienti da altri paesi vengono inseriti fin dall’inizio nel cosiddetto “mainstream”, cioè nelle classi che con termine improprio vengono definite normali, naturalmente affiancando al lavoro di classe una formazione linguistica specifica, che può occupare lo studente di nuovo inserimento per un tempo fino a 10 ore la settimana). Dati a questo proposito si possono leggere nel rapporto internazionale Integrating Immigrant Children into Schools in Europe, rilasciato dall’Unione europea, Programma Eurydice, nel 2004).
Tralasciando altre imprecisioni, chiamiamole così, della premessa, quale il supposto “universalismo” che avrebbe improntato la politica interculturale del precedente governo di centro-sinistra, passiamo ad esaminare le misure concrete adottate.

1. “specifiche prove di valutazione” per l’accesso degli studenti stranieri alla scuola di ogni ordine e grado (Che tipo di prove? Preparate da chi? Quale livello di conoscenza della lingua italiana deve essere raggiunto perché si possa essere inseriti nelle classi “normali”? Uguale o differenziato per le diverse età? Di tutto questo non si dice nulla, anche se sarebbe stato facile e doveroso fare riferimento ai livelli di conoscenza linguistica previsti dal Consiglio d’Europa nel “Quadro comune europeo di riferimento”)

2. per gli studenti che non superino le suddette prove, l’obbligo di frequentare “classi di inserimento”, in cui essi possano apprendere la lingua italiana e seguire “un curricolo formativo essenziale” che li educhi alla “legalità e alla cittadinanza” (Per quanto tempo dovrà durare la frequenza di queste classi di inserimento? Un anno? Un tempo indeterminato, finché lo studente non sia in grado di superare le prove di cui al punto 1? Che cos’è un “curricolo formativo essenziale”, con “percorsi monodisciplinari e interdisciplinari”, come dice la norma stessa? E gli studenti italiani non devono forse essere educati alla legalità e alla cittadinanza, o questi sono valori che hanno intrinsecamente, date le loro caratteristiche di autoctoni?)

3. infine, una norma di tipo, diciamo così, amministrativo: nessuno studente straniero potrà essere inserito nelle classi ordinarie dopo il 31 dicembre di ogni anno (e che cosa si farà di lui? Sarà sistemato, de facto, in una classe di inserimento? E se conoscesse già abbastanza l’italiano?).
Ovviamente molto si potrebbe dire, e di fatto è stato detto, sui rischi di una educazione separata e differenziata: al di là di presunte “buone intenzioni”, ovunque le classi “non ordinarie” diventano un ghetto, con enormi rischi di perdita di motivazione, difficoltà di apprendimento, isolamento e chiusura sociale, anche ostilità nei confronti delle istituzioni e dello stesso paese di, diciamo così, accoglienza.
E’ successo così fino all’ultimo quarto del secolo scorso in Germania, con i figli dei nostri emigrati chiusi, con ottime intenzioni, certo!, in classi differenziali, perché imparassero più in fretta il tedesco (che in realtà non imparavano) e si preparassero ad un migliore sviluppo personale e professionale (con il risultato che la maggior parte lasciava la scuola appena legalmente possibile e al massimo alcuni si inserivano nell’educazione professionale).
E gli esempi si potrebbero moltiplicare.

Certo, la mozione Cota coglie un problema reale: quello del necessario apprendimento, da parte degli immigrati, dell’Italiano a fini sia personali, sia scolastici, sia sociali e di cittadinanza. Ma l’approccio a questo problema reale è, prima ancora e forse più che “razzista”, pedagogicamente e tecnicamente sbagliato.
Infatti, come ogni linguista sa bene, una lingua seconda, una lingua che cioè si apprende nell’ambiente stesso in cui è parlata (insomma, in questo caso la lingua italiana in Italia) si impara essenzialmente e primariamente dal contatto con l’ambiente e con i parlanti nativi.
I bambini, fino all’adolescenza, hanno una grande facilità nell’imparare la lingua attraverso il contatto con i loro coetanei: un contatto di gioco, di esperienze, di studio e lavoro in comune.
E questo contatto, che risulta fondamentale anche per l’integrazione, gli stranieri dove dovrebbero trovarlo? In classi dove si parlano, come lingue native, l’arabo piuttosto che il cinese piuttosto che l’albanese e il rumeno, e la sola fonte linguistica italiana disponibile è quella dell’insegnante di italiano?
E’ una premessa assurda, che non tiene conto né delle conoscenze ormai molto approfondite che i ricercatori, i linguisti, gli psicologi hanno dei meccanismi dell’apprendimento linguistico né delle esperienze, ormai numerose e spesso di ottima qualità, che si sono fatte negli ultimi dieci-quindici anni nella scuola italiana.
Perché non è che, aspettando l’Onorevole Cota, le scuole, gli enti locali, le istituzioni culturali siano state a guardare il fenomeno dell’immigrazione e dell’inserimento degli immigrati nella scuola, pensando “Bel problema! E adesso cosa facciamo?”.
Un po’ in tutta Italia, e in particolare nelle regioni che Cota indica come quelle di più forte immigrazione: Lombardia, Veneto, Emilia-Romagna, Umbria, i Comuni, le Province, gli Uffici Scolastici Regionali e Provinciali, gli Enti di ricerca, le Università, le scuole autonome hanno organizzato corsi di formazione per gli insegnanti, hanno contribuito con risorse proprie alla formazione e all’utilizzo dei facilitatori linguistici, hanno stabilito precisi protocolli per l’accoglienza e per l’alfabetizzazione linguistica iniziale e intermedia, hanno prodotto materiali di studio “semplificati” per gli studenti neo arrivati, e tutto questo senza isolare né separare nessuno, ma individualizzando, come peraltro prevede la legge, i percorsi di apprendimento e contemporaneamente contribuendo ad una positiva socializzazione dello studente straniero e insieme dello studente italiano, che deve imparare a vivere in un mondo di culture e lingue diverse.

Ci sono risorse legislative, anche morattiane e quindi non sospette di “universalismo” (il D.P.R. 394/99; le “Linee guida per l’accoglienza degli alunni stranieri”, emanato dal ministro Moratti, marzo 2006; “La via italiana all’integrazione e alla scuola interculturale”, ottobre 2007), c’è un “Osservatorio per l’integrazione alunni stranieri ed educazione interculturale” su scala nazionale e molti “Osservatori” locali, di tipo più o meno istituzionale (ne ha sentito il parere, l’Onorevole Cota?), ci sono numerosi Centri risorse, sia di Enti locali sia universitari.
Certo, non viviamo nel migliore dei mondi possibili; certo, molto si è fatto e molto resta ancora da fare: ad esempio, per quanto riguarda la “lingua per lo studio”, più formalizzata e astratta della lingua della comunicazione quotidiana, che è quella che effettivamente può dare problemi agli studenti stranieri, in particolare, nella scuola superiore (e, diciamolo, i problemi li dà anche a molti studenti italiani).
Un punto è fondamentale: nella Mozione Cota si prevedono risorse finanziarie particolari per un “maggiore fabbisogno di personale docente”.
E allora questo personale docente, di cui annualmente la legge finanziaria deve prevedere la copertura dei costi di assunzione, naturalmente ben venga: ma non per delle fantomatiche “classi di inserimento” (per le quali si è peraltro previsto spazi specifici nelle scuole, strumentazione, ecc.?), ma nelle classi ordinarie, sia come insegnanti di italiano L2 sia come tutor per gli studenti stranieri: insegnanti specializzati, perché hanno preso una laurea ad hoc o perché hanno seguito i master che ormai moltissime Università hanno attivato. Insegnanti che costituiranno una formidabile risorsa nella scuola di tutti e per tutti, che si pone come finalità costituzionali e inscindibili l’apprendimento cognitivo e lo sviluppo autonomo della persona e del cittadino, attraverso un’educazione che garantisce l’uguaglianza e insieme tutela le diversità individuali e culturali.

* * *
… E adesso c’è anche una interrogazione Grimoldi, che chiede per chi si iscrive a scuola il certificato di sana e robusta costituzione fisica…

* * *
Confronti
… la scuola italiana deve quindi essere in grado di supportare una politica di “discriminazione transitoria positiva», a favore dei minori immigrati…(Mozione Cota)

La scuola è aperta a tutti… I capaci e i meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi…(Costituzione italiana, art. 34)
… È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona…(Costituzione italiana, art. 3)


“Se voi però avete diritto di dividere il mondo in italiani e stranieri allora vi dirò che, nel vostro senso, io non ho patria e reclamo il diritto di dividere il mondo in diseredati e oppressi da un lato, privilegiati e oppressori dall’altro. Gli uni son la mia patria, gli altri i miei stranieri”.(Don Lorenzo Milani, Lettera ai cappellani militari)

Io, gli dissi, non riuscirei mai a imparare l’arabo nel modo in cui stai facendo tu con l’italiano. Faris alzò gli occhi sfoggiando il suo sorriso estremo: un fotogramma sgranato al rallentatore.(Eraldo Affinati, La città dei ragazzi)

Tutti gli americani devono rendersi conto che i sogni di qualcuno non devono realizzarsi a discapito di quelli di qualcun altro; che investire nella sanità, nel welfare e nell’istruzione dei bambini, siano essi neri, meticci o bianchi, alla fine si rivelerà vantaggioso per tutti.(Barack Obama)

sabato 22 novembre 2008

Il Comitato si riunisce

Martedì 25 novembre, alle ore 21, presso la biblioteca del Collegio Valla si terrà il terzo incontro del Comitato Genitori ed Insegnanti per la Scuola di Pavia. L'incontro è aperto anche a tutti i genitori ed insegnanti interessati a partecipare.

O.d.G.

1) Aggiornamento sulle iniziative attuate ed in corso nei circoli di Pavia e comuni limitrofi
2) Organizzazione operativa assemblea cittadina e definizione degli obiettivi
3) Valutazione iniziative promosse da altri enti locali
4) Iniziative per il 29 novembre promosse dal Comitato Civico
5) Partecipazione alle manifestazioni in occasione dell'arrivo del Ministro Gelmini, sabato 6 dicembre (?)
6) Definizione iniziative per contrastare l'iter di approvazione di eventuali leggi in attuazione della mozione sulla istituzione di classi ponte per allievi non italofoni

Classi ponte: inefficaci ed inattuabili

Le Associazioni e Società scientifiche italiane più rinomate nel campo delle scienze del Linguaggio pubblicano una nota tecnica sulla mozione Cota (classi ponte per allievi stranieri) criticandone contenuto, metodo e soluzioni.

"Da queste esperienze" - dice la nota che pubblichiamo a lato nella sezione Materiali e documenti - "è emerso ed è stato confermato il risultato che l’acquisizione di una L2 è tanto più ‘facile’, rapida, completa quanto più giovane è l’età del soggetto apprendente, e quanto più piena è l’immersione nella nuova realtà linguistica e culturale. Tale ‘piena immersione’ (studiata fuori d’Italia in paesi tradizionalmente bilingui come il Canada) facilita non solo il processo di acquisizione della lingua seconda, ma anche i processi di socializzazione e di reciproca conoscenza, premessa indispensabile alla costruzione di una società complessa e multietnica come si avvia a diventare l’Italia. È pertanto opportuno che si continui ad immettere i bambini e gli adolescenti non italofoni nelle classi normali".

Le Società scientifiche 'SIG - Società Italiana di Glottologia', 'SLI - Società di Linguistica Italiana', 'AItLA - Associazione Italiana di Linguistica Applicata', 'GISCEL - Gruppo di Intervento e Studio nel Campo dell’Educazione Linguistica', invitano pertanto coloro che ricoprono incarichi di rappresentanza a riformulare la mozione qui in discussione (mozione Cota, ndr) in termini più consoni alla realtà dei fatti e a promuovere iniziative legislative atte a meglio coordinare le iniziative già in atto presso numerosi Uffici Scolastici Provinciali ai fini dell’integrazione scolastica e linguistica di allievi non italofoni.

Il Tempo Pieno finanzia le 40 ore

di Mario Piemontese

Martedì 18 novembre l'onorevole Valentina Aprea ha presentato in VII Commissione Cultura e Istruzione della Camera il testo della proposta di parere favorevole al Piano programmatico.
Il testo prima del voto subirà probabilmente qualche modifica, ma non cambierà nella sostanza. Il parere, in quanto favorevole, non mette in discussione il taglio di 8 miliardi in tre anni previsto dall'articolo 64 del decreto legge n. 112/08 convertito nella legge 133/08, e di conseguenza il taglio di 132.000 posti di lavoro.
Per evitare equivoci deve essere chiaro che non si potrà parlare di vittoria del movimento fino a quando il Governo non deciderà di abrogare tale articolo, la legge n. 169/07, conversione in legge del decreto legge n. 137/08, e l'articolo 3 del decreto legge n. 154/08, nonostante le modifiche apportate dal Senato.
Il testo della proposta di parere prevede una serie di condizioni che all'atto della presentazione il sottosegretario Giuseppe Pizza, a nome del Governo, ha ritenuto condivisibili.

Vediamo di cosa si tratta scegliendone alcune.

Per la scuola primaria sono diverse le richieste rivolte al Governo.
Per il modello a 24 ore con un unico docente, introdotto dal decreto legge n. 137/08, viene richiesta la garanzia dell'insegnamento dell'inglese e della religione. Mai a nessuno è venuto in mente che tali insegnamenti sarebbero stati esclusi: sta di fatto che l'insegnamento dell'inglese affidato a insegnanti specializzate e non specialiste non necessità di altro personale, mentre le 2 ore settimanali di religione assegnate ad altro insegnante andrebbero a sommarsi alle 22 del "maestro unico", completando così il monte ore settimanale.
Insegnanti di religione e insegnamento della lingua inglese sarebbero quindi salvi.

Al Governo viene richiesto di garantire l'orario scolastico a 27, 30 e 40 ore settimanali "mantenendo la figura dell'insegnante prevalente" secondo quanto previsto dal decreto legislativo n. 59/04. Nel piano programmatico si parla di insegnante prevalente anche se effettivamente tale figura professionale non esiste. Quello che si può immaginare è che tutte le ore, oltre le 24 assegnate a un solo insegnante che non sarà unico, ma bensì prevalente, verranno date a più insegnanti che ruoteranno come satelliti attorno all'insegnante prevalente. L'insegnante satellite si occuperà dell'insegnamento di quelle materie ritenute di serie B, tipo le "educazioni" per intenderci. Il "maestro prevalente" non è altro che la versione del "maestro unico" quando il tempo scuola supera le 24 ore settimanali. Non ci sarà più l'insegnamento per area e la contitolarità dei docenti su una classe andrà a perdersi.

Per quanto riguarda "le classi funzionanti a tempo pieno" si richiede al Governo la garanzia di 2 docenti per classe. È chiaro che per 40 ore settimanali un insegnante non può essere sufficiente, quindi la richiesta di 2 insegnanti è dovuta, quali insegnamenti saranno assegnati ad ognuno non si sa.
Nell'ottica del "maestro prevalente" ad uno potrebbero essere assegnate le materie di serie A e all'altro quelle di serie B e la mensa. Vale quindi lo stesso discorso fatto prima a proposito dell'insegnamento per area e per la contitolarità. Non a caso però non viene fatto nessun riferimento alla garanzia delle compresenze.

Nella presentazione in commissione del Piano programmatico fatta dal sottosegretario Giuseppe Pizza, a nome del Governo, si parla di eliminazione delle compresenze per risparmiare e utilizzare tali risparmi per soddisfare le richieste delle 40 ore.
Quindi il Tempo Pieno finanzia le 40 ore.

Ulteriore riscontro è dato dal fatto che nella bozza di regolamento per l'attuazione dell'articolo 64 del decreto legge n. 112/08 convertito nella legge n.133/08, si legge che l'organico per le classi a tempo pieno non potrà aumentare rispetto a quello di quest'anno, quindi le ulteriori richieste di un tempo scuola di 40 ore saranno soddisfatte sacrificando le compresenze e snaturando così ulteriormente il modello di scuola a Tempo Pieno.

Le compresenze nella scuola primaria permettono agli insegnanti di omogeneizzare una classe dal punto di vista dell'apprendimento e del raggiungimento degli obiettivi, perderle sarà un gran danno sia per gli alunni che per gli insegnanti.
Gli effetti dei tagli non colpiranno solo le prime classi del prossimo anno, ma tutte.
Il conto è presto fatto.
Dei 30.000 tagli previsti per la scuola primaria, 16.300, cioè più della metà, sono previsti per il prossimo anno. Le classi di scuola primaria sono circa 138.000, di queste circa 35.000 sono a 40 ore. Se le prime del prossimo anno, circa 28.000, fossero tutte a 24 ore, cosa improbabile, si risparmierebbero circa 8.000 insegnanti:5.000 per le 7.000 classi a 40 ore e 3.000 per le 21.000 classi a 27 ore. Per arrivare a 16.300 ne mancano ancora 8.300, quindi se il taglio sarà quello previsto anche le altre classi e non solo le prime ne risentiranno.
Non è escluso quindi che le classi a 40 ore non verranno colpite dai tagli. In ogni caso se non verranno colpite, l'effetto per le oltre 100.000 classi a 27 ore sarà davvero devastante.

Questi sono solo alcuni dei temi affrontati nel testo della proposta di parere.
Come avrete capito il tentativo è quello di provare a tranquillizzare un po' tutti per cercare di contenere la dilagante protesta. Il tentativo è fallito così come i precedenti e quindi rispetto agli obiettivi che il movimento si è dato nulla è cambiato.

Milano, 19 novembre 2008
Commento sugli ultimi sviluppi del regolamento in discussione presso la VII Commissione Cultura della Camera, tratto dal sito di Retescuole.

mercoledì 19 novembre 2008

Buone notizie

Lunedì 17 novembre, il Consiglio Nazionale della Pubblica Istruzione ha emesso due pareri che sono due macigni sulle scelte del Ministro Gelmini.

Approvati due documenti, che riportiamo integrali nella sezione "Materiali e Documenti".
Il primo documento "boccia" senza appello la proposta del maestro unico e l'orario di 24 ore per la primaria.
Il secondo documento esprime diverse critiche al progetto sperimentale di introduzione di una disciplina autonoma su Cittadinanza e Costituzione. Se pure si esprime parere favorevole sulle finalità, che peraltro vengono evidenziate già presenti nei curricoli scolastici e nelle esperienze dei docenti, il CNPI si sofferma sulla necessità che il Ministro modifichi l'attuale impostazione recependo le osservazioni del Consiglio.

Qualcosa si muove.

martedì 11 novembre 2008

Il Mostro Unico

di Stefano Benni - da stefanobenni.it

Cari studenti facinorosi,
sono la vostra amata ministra Gelmini.
Dopo il cinque in condotta e il maestro unico, ho una nuova idea che potrà risollevare la scuola italiana.



Da dove inizia l'istruzione? Dall'asilo. E proprio qui bisogna intervenire, perché i bambini diventino obbedienti e ligi al dovere. E le favole, con la loro sovrabbondante fantasia e il loro dissennato spreco di personaggi, li allontanano dal sano realismo e dal doveroso conformismo e alimentano il pericolo del fuori tema, della deboscia, della droga e del bullismo facinoroso.

Perciò per decreto legge istituisco il Mostro Unico. Sarà proibito leggere favole che contengano più di un mostro o di un cattivo, con relativo aggravio per la spesa pubblica, e soprattutto si dovrà, in ogni fiaba, sottolineare la natura perversa, facinorosa e vetero-comunista di questo mostro.

Secondo il DMU (decreto mostro unico) sono proibiti ad esempio Biancaneve e i sette nani, perché Grimilde e la strega sono un costoso e inutile sdoppiamento di personalità nocivo all'immaginario dei giovani alunni, per non parlare dell'ambigua convivenza tra Biancaneve e i sette piccoli operai, di cui uno, Brontolo, sicuramente della Cgil.

Cappuccetto Rosso è ammesso, ma si sottolinei come il cacciatore è evidentemente della Lega e il lupo di origine transilvana e rumena.

Proibito Ali Babà e i quaranta ladroni, ne basta uno. Abolito Peter Pan, troppi pirati che gravano sulle casse dello stato. Abolito Pinocchio, anche accorpando il gatto e la volpe in un unico animale, restano il vilipendio ai carabinieri e il chiaro riferimento a Mediaset del paese dei balocchi.

Ammesso Pollicino ma dovrà chiamarsi Allucione ed essere alto uno e settanta, per non costituire un palese sberleffo al nostro amato presidente del consiglio.

Proibito Hansel e Gretel, perché i mostri sono due, la madre e la strega, e inoltre si parla troppo di crisi economica.

Proibito il brutto anatroccolo. Se uno è brutto, lo è per motivi genetici e tale resterà. Inoltre Andersen era gay. Parimenti proibito il gatto con gli stivali per la connotazione sadomaso.

Proibita, anzi proibitissima Cenerentola. Le cattive sono tre e assomigliano tutte a me. Cioè alla vostra ministra superficiale, impreparata e ciarliera. Ma la vostra Ministra Unica.

Parliamo di Scuola, non solo di Tagli

Ordine del giorno delle associazioni pedagogiche sul maestro unico nella scuola primaria

Le associazioni pedagogiche (SIPED Società italiana di pedagogia, SIRD Società italiana di ricerca didattica, CIRSE Centro italiano di ricerca storico-educativa, SIREF Società italiana di ricerca educativa e formativa) esprimono il più netto dissenso verso la scelta di tornare al docente unico nei primi anni della scuola primaria, e nell’interesse dei bambini, delle famiglie e del futuro del nostro Paese, chiedono al Governo di riconsiderare la questione.

In un’economia globale basata sulla conoscenza, lo stato di salute del sistema socioeconomico nazionale è legato al tenore delle competenze disciplinari e relazionali acquisiste dalle persone nei percorsi di formazione.Il nostro Paese è di fronte ad una vera e propria sfida dell’istruzione. Per affrontarla con successo occorre assicurare a tutti la padronanza delle conoscenze fondamentali dei saperi linguistici, storici e matematico-scientifici. Tale padronanza può essere garantita solo da un’alfabetizzazione forte fin dall’inizio della scuola primaria.

La possibilità di realizzare un’alfabetizzazione forte ha come condizione un processo di parziale specializzazione disciplinare dei docenti. Non è pensabile che un singolo insegnante possa avere un’adeguata padronanza di tutti e tre questi ambiti e delle loro forme d’insegnamento. Occorre un modello combinato di formazione iniziale e in servizio dei docenti che, oltre a garantire la necessaria preparazione pedagogica e didattica, e una cultura di tipo interdisciplinare volta a preservare l’unità del sapere, assicuri l’approfondimento di un ambito disciplinare tra il linguistico, lo storico, e il matematico-scientifico.

Il modulo organizzativo della scuola primaria, sancito dalla legge n. 148/1990, prevedendo tre docenti su due classi, ha consentito ai docenti stessi un progressivo approfondimento dell’ambito disciplinare insegnato, ed è stata dunque una misura che è andata nella direzione di un irrobustimento dell’alfabetizzazione di base, oltre a garantire una pluralità di punti di vista preziosa per sviluppare l’intelligenza nella molteplicità delle sue forme. Gli ottimi risultati ottenuti in questi anni dalla scuola primaria nelle comparazioni internazionali del profitto mostrano che il modulo di tre docenti sta producendo effetti positivi sulle competenze dei nostri bambini.

La direzione tracciata dalla 148/90 appare perciò quella giusta, può essere migliorata dando compiutezza al Corso di Laurea di Scienze della formazione primaria, ma non si può tornare indietro; sarebbe una scelta anacronistica ed infelice.Un solo maestro può limitare l’esperienza socio-affettiva degli alunni, che risulta invece arricchita dall’attuale pluralità di figure. Ritornare al maestro unico significherebbe, inoltre, indebolire la preparazione specifica dei docenti sui fondamenti dei diversi saperi, e quindi rendere più fragile ed incerta l’alfabetizzazione dei nostri allievi.

Il tenore complessivo delle competenze realizzate dagli alunni nel corso della formazione scolastica verrebbe inevitabilmente a soffrirne. In prospettiva, il capitale intellettuale prodotto dal nostro sistema scolastico tenderebbe a diminuire, e con esso la competitività socio-economica del nostro Paese.

Le associazioni pedagogiche chiedono, perciò, al Governo un serio e accurato ripensamento in merito alla questione della pluralità dei docenti nella scuola primaria. Si dichiarano, inoltre, fin da ora disponibili a portare il proprio contributo a qualsiasi progetto di miglioramento della struttura della scuola primaria che muova dalla conferma di tale pluralità e che avvenga attraverso forme diverse dalla decretazione d’urgenza.

Roma, 11 settembre 2008

Il Presidente della SIPED, Massimo Baldacci
Il Presidente della SIRD, prof. Gaetano Domenici
Il Presidente del CIRSE, prof. Franco Cambi
Il Presidente della SIREF, prof. Umberto Margiotta

lunedì 10 novembre 2008

Forse vado fuori tema ma.......

Ahi Ahi mister Brunetta da La Repubblica.it(10 novembre 2008)

Come deve essere la moglie di Cesare? Al di sopra di ogni sospetto.
Chi si avventura nella sacrosanta battaglia contro i fannulloni e gli sprechi di Stato, deve poi garantire il massimo della trasparenza amministrativa e, avvolto in un sacro fuoco, imporre il valore della meritocrazia: solo i migliori saranno i primi. Solo i migliori saranno scelti.
Tra i ministri il più noto e deciso assertore del merito e della trasparenza è indiscutibilmente il professor Renato Brunetta. Che di questa battaglia ne fa una ragione di vita.
E che vita!
Su e giù per le televisioni a elencare i fannulloni, di genere e di stile, su e giù per i ministeri a verificare - tornelli alla mano - che nessuno esca dal luogo di lavoro e stilare, verifiche alla mano, i migliori. E anche premiarli. Mister Brunetta vuole la massima trasparenza. L'ha detto e l'ha fatto. Ha imposto trasparenza, dunque curricula e retribuzioni, partendo dai suoi uffici.
Ecco chi sono, ecco quanto guadagnano i miei consiglieri.
E chi sono? E quanto guadagnano i consiglieri del ministro Brunetta? Cliccate sul sito, andate alla pagina: "Retribuzioni annue lorde dello Staff del ministro". Il capo di gabinetto, il consigliere di Stato Filippo Patroni Griffi, una lunga e onorata carriera al servizio delle istituzioni, percepisce per il suo incarico un emolumento accessorio di 85mila euro lordi l'anno. Poi lo stipendio. Già, lo stipendio. Giudicando forse inutile riferire la cifra, ha fatto scrivere: "Conserva il suo trattamento economico fondamentale".
Nessun aiutino in più al visitatore curioso, seppellito anzi dalla domanda: di quale diavolo di trattamento fondamentale godrà il consigliere?
La segretaria del ministro ha invece messo i puntini sulle i: guadagnavo 51mila euro (lordi) l'anno prima del trasferimento a palazzo Vidoni. Dopo il trasferimento la somma è lievitata di altri 34mila euro (lordi). Bella cifretta, vero. Quasi 4000 euro (netti al mese). Ma al ministero non c'è orario e Brunetta è indemoniato: di notte e di giorno, di sabato e di domenica, a Natale come a Pasqua, lavora e produce. Sempre disponibili bisogna essere. Giusto perciò il maxi incremento.
Al pari della segretaria si sono regolati altri dello staff: hanno detto tutto, scritto fino al centesimo gli euro che intascano e quelli che pagano in tasse. Purtroppo sono in minoranza: dei dieci membri più vicini al Capo quattro hanno illuminato ogni dettaglio della propria situazione economica imitando, tra l'altro, il ministro; sei si sono rifugiati in corner utilizzando la fantastica dizione: "conserva il trattamento economico fondamentale". E vabbè, lo conserva. Lo conserva anche la vice capogabinetto dott. ssa Caterina Guarna che percepisce per l'incarico, come emolumento accessorio, 61.705,49 euro lordi l'anno. Il principale è scritto ma non è detto, è pubblico ma resta un pochino riservato.

E comunque, si deve dire tre volte grazie al ministro.
Perché, non contento di far trasparire gli stipendi dei suoi principali collaboratori (e di tutti i dirigenti e consulenti della Pubblica amministrazione italiana), ha obbligato ciascuno a esporre il proprio curriculum nella bacheca virtuale. Cliccate prego!. E noi clicchiamo.
Proprio la dottoressa Guarna, come scrive, ha diretto nel 1998 l'ufficio di coordinamento per le Politiche di sviluppo e coesione. Ufficio centrale dove si smistano i fondi di finanziamento europei a favore delle regioni d'Italia più svantaggiate. Dal 2002 al 2005 ha assunto l'incarico di Autorità di Gestione del Programma Operativo 2000-2006 presso la Regione Calabria. Chiunque abbia voglia di sfogliare una qualunque collezione di un qualunque giornale italiano appurerà che in Calabria i soldi europei hanno creato più scandali che sviluppo. Un falò di milioni di euro bruciati dall'insipienza di un ceto politico inadeguato, per non dire peggio, e di una burocrazia distratta, per non dire altro.
Anche il capo della segreteria tecnica del ministro, il dottor Renzo Turatto, proviene dalla Calabria, dove ha ricoperto l'incarico di responsabile, dal 2002 al 2005, del dipartimento bilancio, finanze, programmazione e sviluppo. Non essendo plausibile che il ministro abbia chiamato nello staff funzionari che non mostrassero altissime competenze, né essendo discutibile la tenacia con la quale Brunetta afferma quotidianamente il valore del merito nell'avanzamento di carriera, è del tutto evidente che la Calabria - nonostante le continue denigrazioni patite - abbia in silenzio fatto passi da gigante, innescando, nel disinteresse totale, e forse grazie alla Autorità preposta e per merito promossa, un formidabile circuito virtuoso cui il governo, riconoscente, ora segna nell'albo dei migliori.

Altri devono invece stare in guardia e preoccuparsi del loro futuro. Ancora non inquadrabili, ma siamo lì lì, nella specie dei fannulloni, e con emolumenti non del tutto paragonabili ai collaboratori del ministro, i ricercatori impiegati all'Istituto Superiore della Sanità, godendo di un contratto da precari, temono di perdere il posto se i tagli ventilati (in qualche caso programmati) dovessero davvero compiersi.
I ricercatori precari in Italia sono così tanti da essere destinatari di incarichi delicati e importanti. Troviamo precari chiamati a tutelare la salute pubblica intervenendo nel merito di crisi sanitarie molto note come l'Aids, la diossina o la melammina degli alimenti o anche il bioterrorismo. Ricercatori molto competenti, molto specializzati (e molto precari) a cui sono affidate - anche se non in via esclusiva - quotidiane attività di monitoraggio e di controllo di prodotti delicati (come, per esempio, la qualità del latte in polvere destinato ai bambini; la purezza dell'acqua minerale destinata ai grandi; la qualità e le eventuali contaminazioni dei giocattoli posti in commercio).
Il governo garantisce che tutto è in ordine e la cura dimagrante toccherà soltanto la fannullaggine. Rami secchi e spesa, gonfiata, finalmente ritornata al suo peso forma. In effetti, e apriamo parentesi, il governo ha trovato il modo per promuovere - sebbene il clima non appaia favorevolissimo - una nuova grande banca, la nascente Banca del Meridione. Sei milioni di euro, solo per iniziare, solo per lo start-up. Soldi tolti a quel pozzo senza fondo delle spese per la cultura. Un pizzico di cultura in meno, e - forse - una banca in più.
I precari della cultura e della ricerca però lamentano che la cura dimagrante, anche in ragione dei nuovi investimenti, alla fine li lasci stecchiti. E' abbastanza incredibile, ma non riescono proprio a tranquillizzarsi.
Prendete per esempio quelli che temono di non veder rinnovato il contratto (nell'area vasta di quelli definiti atipici) all'Ispra, l'Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale. Lì ci sarebbe (secondo dati forniti dai lavoratori nda), una rilevante incidenza dell'utilizzo di contrattisti. Parte di essi, usiamo non a caso il condizionale, sarebbero attualmente impegnati nella stima e nella trasmissione alle autorità internazionali di controllo dei gas serra. Il gruppo di lavoro (secondo la fonte citata a prevalente composizione di precari) gestirebbero ruoli delicati e rilevantissimi.
Se i contratti non verranno rinnovati chi registrerà i gas? E chi li trasmetterà? Quale danno economico subirà l'Italia dalla eventuale inadempienza, per futura carenza di personale, di tali obblighi?
Si lamentano coloro che temono di perdere il lavoro. Ma si lamentano anche coloro che il lavoro lo conserveranno. Come gli ingegneri e i geologi del Registro italiano dighe. Erano bravi e capaci, soprattutto efficienti: in poco più di ottanta tenevano sott'occhio circa 540 dighe effettuando ogni anno circa 1300 sopralluoghi e ordinando azioni di manutenzione straordinaria su circa 300 dighe. Un piccolo ente autonomo senza grilli per la testa e, scorrendo le cifre, senza fannulloni in giro. Con in più un bel gruzzoletto di soldi che venivano dal ticket pagato dai gestori delle dighe stesse. Però il governo, questa volta l'ex a guida Prodi, sempre nel nome della lotta agli sprechi, decise di sciogliere l'ente e immettere nel ruolo del ministero delle Infrastrutture i suoi tecnici.
Abracadabra.
Come per magia i sopralluoghi si sono rallentati, tanto che nel 2008 non è garantita l'effettuazione del calendario completo delle visite, e di soldi in più nemmeno l'ombra. Lo Stato ha recuperato, vero, 200mila euro l'anno per l'eliminazione dei costi relativi al funzionamento del consiglio di amministrazione ma, ad oggi, ha perso nove milioni di euro l'anno legati al contributo che versavano i soggetti controllati all'ente controllore.
Meglio di così!

domenica 9 novembre 2008

Il Comitato si riunisce

MARTEDI' 11 NOVEMBRE, ORE 21, COLLEGIO VALLA.

O.d.G.:
1) organizzazione della assemblea cittadina, delle assemblee di plesso o interclasse
2) forme di resistenza attiva per le PREISCRIZIONI di gennaio alla classe prima
3) manifestazioni locali e nazionali del 14 e del 29 novembre (Pavia-Milano-Roma)
4) organizzazione presenza genitori ed insegnanti per l'arrivo della Gelmini a Pavia (rinviato a fine novembre)
5) varie


I membri del Comitato sono pregati di essere presenti.

L'incontro è aperto anche ai non iscritti al Gruppo, genitori ed insegnanti, di Pavia e comuni limitrofi, disponibili a condividere la loro esperienza o comunque interessati al futuro della scuola pavese.

venerdì 7 novembre 2008

Mille inviti, mille "non posso":
Gelmini, il ministro che non c'è
Rinviata a fine novembre la visita a Pavia!

La titolare dell'Istruzione non si è fatta più vedere ad alcuna iniziativa pubblica
Ogni volta una nota: "Impossibilitata da improrogabili impegni di governo"
Oggi prima apparizione, in conferenza stampa dopo il Consiglio dei Ministri

di ALESSANDRA VITALI da La Repubblica.it


Maria Stella Gelmini cercatela a San Gregorio Armeno.
Al momento unico luogo in cui si manifesti tangibile la sua presenza. Grembiule, coccarda e un abaco fra le mani, Maria Stella Gelmini appare in un'inedita versione scolaretta sotto forma di statuina del presepe, recente creazione di un artigiano napoletano. Se non fosse per la statuina, per i "santini" sfoggiati durante i cortei in cui è ritratta nelle vesti di "Beata Ignoranza", per le foto pubblicate di tanto in tanto sui quotidiani (e per la conferenza stampa, ovviamente blindata, dopo il Consiglio dei ministri di oggi) si stenterebbe a ricordare la faccia del ministro dell'Istruzione.
Che in carne ed ossa non si fa vedere da tempo. Più o meno dall'inizio della protesta contro il decreto al quale dà il nome, in maniera più marcata da quando il decreto è diventato legge.
Maria Stella è scomparsa.
A una lunga lista di inviti ha risposto con altrettante disdette. Forse per indole. Forse perché ancora le frulla nell'orecchio quel "Gelmini vieni fuori" gridato dagli studenti davanti al Senato mentre dentro si diceva sì alla "sua" riforma. Forse perché ha un senso quell'adagio secondo il quale sarebbe meglio la via della fuga che quella del disonore e visto che - dice Berlusconi - i consensi nei confronti del ministro calano a vista d'occhio, meglio il low profile che le uova marce. Il mantra è: "impegni contingenti".
Quelli che impediscono alla Gelmini di partecipare a tutte le iniziative alle quali è previsto il suo intervento. L'agenda - in ordine sparso - prevedeva la sua presenza il 5 novembre alla cerimonia di inaugurazione del 146esimo anno accademico del Politecnico di Milano.
Niente da fare, "impegni contingenti".
Il 7 novembre la conferenza stampa di presentazione del "Master Mundis", insieme al presidente della Conferenza dei rettori nonché rettore della Statale di Milano, Enrico Decleva.
Niente: "impegni contingenti".
Forse pure un po' di imbarazzo, visto che il medesimo Decleva giusto tre giorni fa aveva bollato come "intollerabile" che "l'abolizione dell'Ici sia pagata sugli stipendi del personale universitario" auspicando "una legge meno sbagliata per superarne una sbagliata, iniqua e dannosa".
Ancora dall'agenda della Gelmini.
Martedì 28 ottobre era attesa all'Unione industriale di Torino e non c'è andata.
Mercoledì 29 non si è presentata all'Università Lateranense. Era il giorno della discussione in Aula, alla fine lei è uscita dalle porte nascoste, quelle col "maniglione d'emergenza", come al cinema.
Giovedì 30 doveva intervenire a una tavola rotonda dal titolo "Meritocrazia: denunce e soluzioni" alla Luiss, e non c'è andata. Era il giorno della mobilitazione nazionale, con gli studenti che hanno circondato il ministero a Roma gridando - fra i vari slogan - "Gelmini, la senti la protesta o vai dal parrucchiere pure oggi?". Citavano il parrucchiere non per cattiveria ma con cognizione di causa. E' stata la stessa Maria Stella a raccontare che un paio di settimane fa, mentre in tutta Italia esplodeva la protesta lei - seguendo i consigli di alcuni colleghi del Pdl - non andò negli uffici di Trastevere, rimase nella sede del ministero dell'Università all'Eur, e da lì decise di andarsene da Renato, appunto il suo parrucchiere. "Gli ho telefonato - disse - l'ho avvertito: guarda che adesso i giornali ti fanno diventare famoso".
L'agenda racconta ancora che lunedì scorso la Gelmini aveva annunciato la sua presenza al teatro Condominio di Gallarate, in provincia di Varese, per l'iniziativa "Duemilalibri". Un posticino defilato, pensava. Poi le hanno detto che studenti e lavoratori della scuola avevano indetto un presidio davanti al teatro, che a Busto Arsizio c'era un liceo occupato, che a completare il quadro ci si erano messi pure i dipendenti pubblici, ed è scattato il mantra. Stavolta in forma di nota diffusa dal Comune di Gallarate: "L'incontro è saltato, nonostante la volontà di intervenire da parte dell'onorevole Maria Stella Gelmini, a causa dei suoi improrogabili impegni istituzionali connessi alle note e imminenti scadenze riguardanti la riforma della scuola".
Nuova delusione per gli studenti lombardi, che già l'avevano attesa invano pochi giorni prima a un convegno su scuola e educazione. Poltrona vuota anche all'assemblea annuale della Compagnia delle Opere al Brixia Expo di Brescia, il 6 novembre: "Sopraggiunti impegni di governo". Sconforto nelle redazioni delle riviste di gossip. Novella Duemila, per fame di scoop, s'è arrangiata con le foto dell'estate scorsa che ritraggono la Gelmini con il fidanzato Giorgio Patelli imprenditore. Leggono i quotidiani, si sbaciucchiano al tavolo di un bar. Maria Stella era ministro da poco, non sapeva che, di lì a breve, l'aria aperta sarebbe diventata un ricordo.
Delusione in tv: "no grazie", pare, anche a un invito di Otto e mezzo. Disagi per i congiunti, costretti ad adeguarsi, vedi la sorella Cinzia, iscritta alla Cgil, insegnante presso l'elementare Canossi di Milzano, Bassa Bresciana, e in aspettativa strategica dall'inizio della protesta. Finestre chiuse in quella palazzina di tre piani a Padenghe sul Garda, dove da giorni non c'è traccia di presenza umana.
Si fa concreto il rischio di un plastico a Porta a porta.
Con gli esperti, e Renato il coiffeur, a ricostruire la dinamica di una fuga infinita.
(6 novembre 2008)

Rinviata al 2010 la chiusura delle scuole con meno di 50 alunni e l'obbligo per le Regioni di presentare il piano entro il 30/11/2008


Il ministro Gelmini da Napolitano per illustrare il decreto: riforma con il dialogo
Il presidente ha auspicato un confronto pacato tra maggioranza e opposizione
Scuola, slitta il taglio delle classi arriva il decreto sui concorsi

di CARLO BRAMBILLA e MARIO REGGIO


ROMA - Le sviste del governo su scuola e università producono i primi effetti.
Salta, per il 2009, la chiusura delle scuole con meno di 50 alunni, l'obbligo per le Regioni di presentare il piano entro il 30 novembre 2008 ed il conseguente commissariamento per quelle inadempienti.
Tutto rinviato al 2010, ma solo con l'accordo degli enti locali. L'emendamento è stato presentato ieri dal relatore della maggioranza al Senato.
Oggi, in Consiglio dei ministri, il decreto Gelmini sui concorsi universitari: blocco delle assunzioni nei prossimi dodici mesi per gli atenei con i bilanci in rosso, deroga per le università che hanno i conti in regola. Blocco dei concorsi già banditi e nuove regole per la nomina delle commissioni per le cattedre. Si passerà dall'elezione diretta dei quattro commissari al sorteggio.
Ieri sera il ministro Gelmini si è incontrata con il Presidente Napolitano. Gli ha illustrato le linee guida del decreto che presenterà oggi in Consiglio dei ministri, precisando che gli altri provvedimenti saranno contenuti in un disegno di legge e discussi in Parlamento.
Giorgio Napolitano ha auspicato che il confronto tra maggioranza e opposizione parta in un clima pacato. E l'accordo sembra alle porte: conferma dei concorsi già banditi e pubblicati sulla Gazzetta Ufficiale, mantenimento dei due idonei per ogni prova, ma l'introduzione del sorteggio dei quattro docenti della stessa materia a livello nazionale. Tutto questo per evitare una raffica di ricorsi da parte degli aspiranti alla cattedra. E ieri mattina Napolitano in visita al suo liceo di Padova: "Ai ricercatori farò tutto quello che mi è lecito fare. Ce la metterò tutta. Comprendo le contestazioni, ma dicono essere costruttive, nel rispetto della democrazia".
Seguito dal presidente del Consiglio Silvio Berlusconi: "Il decreto Gelmini non modifica nulla delle cose per cui gli studenti manifestano. Sull'università non ci saranno tagli eccessivi, il nostro obiettivo è spendere meglio".
Vediamo ora cosa accadrà nel mondo della scuola.
Dopo l'opposizione compatta di Regioni, Province e Comuni al ridimensionamento delle scuole, il governo ha fatto chiaro passo indietro. Ora è necessario aprire un confronto con il governo per discutere la riorganizzazione dei servizi scolastici - commenta il presidente della Conferenza dei governatori Vasco Errani - fermo restando il carattere irrinunciabile del diritto allo studio".
Bocce ferme dunque, ma è stato rinviato il piano di riduzione degli istituti scolastici, resta in piedi il progetto del maestro unico alle elementari: 10 mila posti in meno nel 2009.
Ma cosa succederà l'anno dopo quando verranno concordati gli accorpamenti?
Il rischio è che molti maestri unici si trasformeranno in esuberi.
Passiamo all'università. Il decreto allo studio del ministero prevede, oltre al blocco delle assunzioni per gli atenei con i bilanci in rosso, anche alcune deroghe: apertura al reclutamento per i giovani ricercatori con contratti a termine o a tempo indeterminato.
(6 novembre 2008)

Se la parola "abbronzato"è più pericolosa di "negro"


di MASSIMO ARCANGELI
(l'autore è linguista e critico letterario, preside della Facoltà di Lingue e Letterature Straniere dell'Università di Cagliari)




Impadronirsi di un'offesa, talvolta, è rivendicare orgogliosamente la propria identità.
Qualcosa di simile è avvenuto presso la comunità dei neri americani, alcuni dei quali, in barba ad ogni possibile sostituto neutro o eufemistico blacks blacks people afroamericans si sono autoassegnati tempo fa un termine fortemente denigratorio come niggers.
Si pensi anche alle attiviste del movimento americano Women's Liberation che si sono appropriate negli anni Settanta di termini negativi e tuttavia, se oggi quasi tutti non userebbero mai la parola negro per rivolgersi a una persona di colore, non è tanto perché, credo, i vocabolari o le redazioni giornalistiche l'abbiano stigmatizzata o bandita o abbiano consigliato almeno di sostituirla con nero, ma perché in fondo i neri hanno visto riconosciuti i loro diritti di persone. Quel che si nega quando, riferendosi al neoeletto presidente americano, lo si definisce abbronzato.
Qui il nemico non è l'offesa patente alla dignità della persona ma un razzismo subdolo e insinuante. Un nemico, in un certo senso, interno. Pericoloso quanto quello esterno, visibile e affrontabile. Se non di più.
(6 novembre 2008)

martedì 4 novembre 2008

Bozza di regolamento riorganizzazione rete scolastica e razionale ed efficace utilizzo delle risorse umane della scuola

Sintesi commentata della bozza di regolamento previsto dall’articolo 64, comma 4, del decreto legge 25 giugno 2008, n. 112 convertito dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, recante norme concernenti la riorganizzazione della rete scolastica e il razionale ed efficace utilizzo delle risorse umane della scuola.

È comparsa in rete una bozza di regolamento recante norme concernenti la riorganizzazione della rete scolastica e il razionale ed efficace utilizzo delle risorse umane della scuola. Il documento prevalentemente modifica i parametri previsti dal D.P.R. 18 giugno 1998, n. 233, dal D.M. 24 luglio 1998, n. 331 e dal D.M. 3 giugno 1999, n. 141, peggiorando notevolmente l’attuale situazione.

Riorganizzazione della rete scolastica
1. Per diventare o continuare ad essere un’istituzione scolastica autonoma è necessario aver avuto negli ultimi 5 anni non meno di 500 e non più di 900 alunni. (D.P.R. 18 giugno 1998, n. 233)
2. Nelle piccole isole e nei comuni montani gli istituti comprensivi (ICS) e gli istituti superiori (ISS) sono istituzioni scolastiche autonome anche se hanno meno di 500 alunni, ma devono averne almeno 300. (D.P.R. 18 giugno 1998, n. 233)
3. In ogni plesso di scuola dell’infanzia o primaria ogni classe deve avere in generale almeno 15 alunni, nei centri urbani almeno 20, nelle piccole isole e nei comuni montani almeno 12.
4. In ogni sezione staccata di scuola media ogni classe deve avere almeno 20 alunni, nelle piccole isole e nei comuni montani almeno 16.

Determinazione degli organici
1. Mediante decreto interministeriale vengono ripartiti gli organici a livello regionale. I direttori scolastici regionali ripartiscono gli organici a livello provinciale.
2. Il numero complessivo di insegnanti di sostegno non può superare 94.000 così come previsto dalla legge 27 dicembre 2007, n. 244 (Finanziaria 2008). Nell'a.s. 2008/09 il numero di insegnanti di sostegno è circa 91.000. Negli ultimi anni le richieste di insegnanti di sostegno sono aumentate di 3.000 all’anno. Nei prossimi 2 anni sarà quindi necessario un numero di insegnanti di sostegno superiore al tetto massimo fissato.

Costituzione delle classi
1. Le classi vengono costituite nel rispetto della riorganizzazione della rete scolastica e delle disponibilità complessive di organico (D.M. 24 luglio 1998, n. 331).
2. Le sezioni della scuola dell’infanzia e le classi di inizio ciclo vengono formate solo rispetto al numero degli alunni e quindi non è escluso che ci possano essere nella stessa classe per esempio alunni che fanno il tempo normale e alunni che fanno il tempo pieno, cosa peraltro già accaduta in scuole che hanno subito tagli all’organico.
3. Per evitare che ci sia troppa differenza tra l’organico di diritto e quello di fatto, il numero massimo di alunni fissato per la formazione di una classe può essere aumentato del 10%, mentre il numero minimo di alunni fissato per la formazione di una classe può essere ridotto del 10%. In altri termini se il massimo è 30, allora si può aumentare fino a 33, mentre se il minimo e 20 si può diminuire fino a 18. (D.M. 24 luglio 1998, n. 331).
4. Nelle classi in cui sono inseriti alunni disabili il numero massimo di alunni è 22. Tenendo presente però che il numero di classi complessivo deve rispettare i vincoli posti dagli obiettivi di risparmio previsti dalla legge n.133/08, si possono costituire classi, in presenza di alunni disabili con più di 22 alunni.Il decreto ministeriale 3 giugno 199, n. 141 che modifica il decreto ministeriale 24 luglio 1998, n. 331, prevede che le classi con alunni disabili non possano avere più di 20 alunni. Nel rispetto dei limiti delle dotazioni organiche le classi con alunni disabili possono essere formate al massimo da 25 alunni.
La bozza di regolamento peggiora quindi l’attuale situazione.

Costituzione delle classi nella scuola dell’infanzia
1. I modelli previsti sono due: sezioni a 25 ore settimanali oppure a 40 ore settimanali. Verrà pubblicato un apposito regolamento riguardante gli assetti ordinamentali.
2. Le sezioni dovranno essere costituite con non meno di 18 alunni e non più di 26.
3. Costituite le sezioni secondo i parametri fissati gli eventuali alunni in “esubero” vengono ripartiti tra tutte le sezioni, con esclusione di quelle con alunni diversamente abili, fino a un massimo di 28/29 alunni per sezione.Il decreto ministeriale 24 luglio 1998, n. 331 prevede che le sezioni della scuola dell’infanzia siano costituite con non meno di 15 alunni e non più di 25. Gli alunni in “esubero” vengono ripartiti tra tutte le sezioni, con esclusione di quelle con alunni diversamente abili, fino a un massimo di 28 alunni per sezione.
La bozza di regolamento peggiora quindi l’attuale situazione.

Costituzione delle classi nella scuola primaria
1. I modelli previsti sono:
- classi a 24 ore settimanali, così come previsto dal decreto legge n. 137/08 convertito dalla legge n. 169/08,
- classi a 27 ore settimanali con esclusione delle attività opzionali facoltative, così come previsto dal decreto legislativo n. 59/04,
- classi a 30 ore settimanali, comprensive dell’orario opzionale facoltativo cioè 27 + 3, nei limiti dell’organico disponibile,
- classi a 40 ore settimanali nei limiti dell’organico previsto per l'a.s. 2008/09.
Le classi a 40 ore settimanali nell'a.s. 2008/09 sono circa 35.000, quindi per il prossimo anno per le classi a 40 ore settimanali saranno disponibili circa 70.000 insegnanti. Se aumenterà il numero di classi, così come sta accadendo negli ultimi anni, l’organico non verrà adeguato, quindi non sarà possibile realizzare in tutte le scuole il Tempo Pieno.
In ogni caso il prossimo anno saranno tagliati nella scuola primaria 16.300 insegnanti (12.300 su posto comune + 4.000 specialisti di lingua inglese), non è detto quindi che l’organico per le classi a 40 ore venga preservato. Se tutte le classi prime del prossimo anno, circa 28.000, fossero tutte a 24 ore si risparmierebbero circa 8.000 docenti, quindi meno della metà dell’obiettivo di risparmio previsto.
2. Le classi dovranno essere costituite con non meno di 15 alunni e non più di 27. Le pluriclassi sono costituite con non meno di 8 alunni e non più di 18. Il decreto ministeriale 24 luglio 1998, n. 331 prevede che le classi della scuola primaria siano costituite con non meno di 10 alunni e non più di 25. Le pluriclassi con non meno di 6 e non più di 12.
La bozza di regolamento peggiora quindi l’attuale situazione.
3. “Nelle scuole nelle quali si svolgono anche attività a tempo pieno, il numero complessivo delle classi da costituire è determinato sulla base del totale degli alunni iscritti; parimenti il numero delle classi a tempo pieno è determinato in relazione alla richiesta complessiva delle famiglie. Nel caso di eccesso di domande rispetto alle classi da formare, tenuto conto delle limitazioni derivanti dalla consistenza dell’organico assegnato, è rimessa ai consigli di istituto l’indicazione dei criteri generali di ammissione”. (In sostanza è quanto già previsto dal D.M. 24 luglio 1998, n. 331).
4. Nelle piccole isole e nei comuni montani le classi dovranno essere costituite con almeno 12 alunni.

Insegnamento della lingua inglese nella scuola primaria
“L’insegnamento della lingua inglese è affidato ad un insegnante di classe opportunamente specializzato. Il piano di formazione linguistica di durata triennale e, nel primo anno, della durata di 150/200 ore, è obbligatorio. I docenti così formati, sono impiegati, nelle prime due classi della scuola primaria e sono assistiti da interventi periodici di formazione linguistica e metodologica anche con i consueti supporti multimediali. Nelle more della conclusione del piano di formazione, in via transitoria e fino all’a.s. 2011/2012, potranno continuare ad essere utilizzati, in caso di carenza di docenti specializzati, docenti specialisti esterni alle classe, per l’intero orario settimanale di docenza previsto dal CCNL. Con specifico provvedimento verranno definiti le modalità di attuazione del piano di formazione.”

Costituzione delle classi nella scuola secondaria di primo grado
1. Sono costituite classi prime con almeno 18 alunni e al più 27. Gli alunni in ”esubero” sono ripartiti nelle classi fino a un massimo di 28/29 alunni per classe. Se il numero di iscrizioni è inferiore a 30 viene costituita un sola classe. Il decreto ministeriale 24 luglio 1998, n. 331 prevede che le classi prime della scuola secondaria di primo grado siano costituite con non meno di 15 alunni e non più di 25. Gli alunni in ”esubero” sono ripartiti nelle classi fino a un massimo di 26/27 alunni per classe. Se il numero di iscrizioni è inferiore a 30 viene costituita un sola classe.
La bozza di regolamento peggiora quindi l’attuale situazione.
2. Le classi seconde e terze devono essere in numero pari a quelle delle prime e seconde dell’anno precedente. Se il numero medio di alunni per classe è inferiore a 20 si accorpano le classi e si costituiscono le classi secondo i criteri previsti per la formazione delle classi prime. Il decreto ministeriale 24 luglio 1998, n. 331 prevede che le classi seconde e terze debbano essere in numero pari a quelle delle prime e seconde dell’anno precedente. Se il numero medio di alunni per classe è inferiore a 15 si accorpano le classi e si costituiscono le classi secondo i criteri previsti per la formazione delle classi prime.
La bozza di regolamento peggiora quindi l’attuale situazione.
3. Nelle piccole isole e nei comuni montani le classi dovranno essere costituite con non meno di 14 alunni. Per le pluriclassi il numero massimo di alunni è 18.Il decreto ministeriale 24 luglio 1998, n. 331 prevede che nelle piccole isole e nei comuni montani le classi dovranno essere costituite con non meno di 10 alunni. Per le pluriclassi il numero massimo di alunni è 12.
La bozza di regolamento peggiora quindi l’attuale situazione.
4. “Le classi a tempo prolungato sono autorizzate nei limiti consentiti dalla dotazione organica assegnata a ciascuna provincia e tenendo conto delle esigenze formative complessivamente accertate, purché il numero di richieste avanzate all’atto dell’iscrizione sia sufficiente alla formazione di almeno una classe. La presenza nella scuola o sezione staccata di classi a tempo prolungato e a tempo normale non può dar luogo a un numero di classi superiore a quello derivante dall’applicazione dei criteri” precedentemente enunciati. (In sostanza è quanto già previsto dal D.M. 24 luglio 1998, n. 331).

Cattedre di lingue straniere nella scuola secondaria di primo grado
“In tutte le classi della scuola secondaria di I grado deve essere impartito l’insegnamento della lingua inglese per tre ore settimanali. Nelle medesime classi deve essere, altresì, impartito, per due ore settimanali, l’insegnamento di una seconda lingua comunitaria (allegato E) decreto legislativo n. 226/05). La scelta della seconda lingua comunitaria deve tener conto dei docenti con contratto a tempo indeterminato presenti nella scuola. Eventuali richieste di trasformazione delle cattedre della seconda lingua comunitaria possono essere accolte dagli Uffici Scolastici Regionali nel caso in cui la cattedra risulti priva di titolare, non vi siano nella provincia docenti con contratto di lavoro a tempo indeterminato in attesa di sede definitiva, o in soprannumero, e, comunque, non si determinino situazioni di soprannumerarietà.”

Costituzione delle classi nella scuola secondaria di secondo grado
1. Le prime classi delle scuole secondarie di secondo grado sono costituite con non meno di 27 alunni. La previsione del numero di classi viene fatta dividendo per 27 il numero di iscritti. Gli eventuali alunni in “esubero” vengono ripartiti tra le classi fino a raggiungere al massimo 30 alunni per classe. Se il numero di iscrizioni è inferiore a 30 si costituisce una sola classe. Il decreto ministeriale 24 luglio 1998, n. 331 prevede che il numero minimo di alunni per classe per le prime delle scuole secondarie di secondo grado sia 25. Si prevede il numero di classi dividendo il numero degli iscritti per 25. Gli alunni in “esubero”sono ripartiti nelle classi fino a raggiungere al massimo 28 alunni per classe. Se il numero di iscrizioni è inferiore a 30 si costituisce una sola classe.
La bozza di regolamento peggiora quindi l’attuale situazione.
2. Per la costituzione delle classi terze tenendo conto del numero complessivo degli iscritti si utilizzano gli stessi criteri previsti per la costituzione delle classi prime, indipendentemente però dai diversi indirizzi e corsi di studio. (Legge 27 dicembre 2007, n. 244 - Finanziaria 2008)
3. Possono essere costituite classi prime o terze articolate con non meno di 27 alunni, il gruppo minore deve essere costituito da almeno 12 alunni. Il decreto ministeriale 24 luglio 1998, n. 331 prevede che si possano costituire classi prime o terze articolate con non meno di 25 alunni, il gruppo minore deve essere costituito da almeno 10 alunni.
La bozza di regolamento peggiora quindi l’attuale situazione.
4. Nel caso le aule o i laboratori siano di dimensioni limitate si possono costituire classi prime o terze con un numero di studenti inferiore a 27, ma non inferiore a 22. Il decreto ministeriale 24 luglio 1998, n. 331 prevede che nel caso le aule o i laboratori siano di dimensioni limitate si possano costituire classi con un numero di studenti inferiore a 25, ma non inferiore a 20.
La bozza di regolamento peggiora quindi l’attuale situazione.
5. Le classi seconde e quarte devono essere in numero pari a quelle delle prime e terze dell’anno precedente. Se il numero medio di alunni per classe è inferiore a 22 si accorpano le classi e si costituiscono le classi secondo i criteri previsti per la formazione delle classi prime e terze. Il decreto ministeriale 24 luglio 1998, n. 331 prevede che le classi seconde e quarte debbano essere in numero pari a quelle delle prime e terze dell’anno precedente. Se il numero medio di alunni per classe è inferiore a 20 si accorpano le classi e si costituiscono le classi secondo i criteri previsti per la formazione delle classi prime e terze.
La bozza di regolamento peggiora quindi l’attuale situazione.
6. Le classi quinte devono essere in numero pari a quelle delle quarte dell’anno precedente, ma devono essere costituite da almeno 15 alunni. Il decreto ministeriale 24 luglio 1998, n. 331 prevede che le classi quinte debbano essere in numero pari a quelle delle quarte dell’anno precedente.
La bozza di regolamento peggiora quindi l’attuale situazione.

Cattedre nella scuola secondaria di secondo grado
Tutte le cattedre sono ricondotte a 18 ore settimanali. I docenti che per effetto di tale norma vengano a trovarsi in situazione di soprannumerarietà sono trasferiti d’ufficio secondo la procedura prevista dal CCNI sulla mobilità.

Utilizzo del personale
1. Se per effetto dell’attuazione del piano programmatico previsto dall’articolo 64 del decreto legge n. 112/08 convertito nella legge n. 133/08, “si determinino situazioni di esubero di personale a tempo indeterminato, lo stesso è utilizzato prioritariamente nell’ambito della scuola di titolarità, in subordine in ambito provinciale su posto o frazione di posto eventualmente disponibile per la stessa classe di concorso e, subordinatamente, su posto o frazione di posto relativo ad altro insegnamento, anche in grado diverso di istruzione e nella scuola dell’infanzia, o di sostegno per il quale sia in possesso di abilitazione o titolo di studio coerente. Il medesimo personale viene posto in mobilità professionale qualora in possesso di abilitazione o idoneità per altra classe di concorso o altro posto; si procede, altresì, al trasferimento su posto di sostegno qualora in possesso del previsto titolo di specializzazione”.
2. “Al fine di raggiungere l’obiettivo della più ampia utilizzazione del personale in soprannumero - qualora le risorse del personale da utilizzare eccedono le disponibilità accertate - si deve prevedere un adeguato numero di provvedimenti di messa a disposizione e la loro ripartizione sul territorio, proporzionale alle esigenze delle singole scuole, con particolare riguardo alla copertura di supplenze di durata non inferiore a cinque mesi. I docenti posti a disposizione sono utilizzabili, sulla base di modalità e criteri definiti in sede di contrattazione regionale, fino alla concorrenza dell’orario d’obbligo settimanale entro il limite di 3 scuole ed avendo riguardo alla loro raggiungibilità.”

Milano, 3 novembre 2008

Poesia per educatori

BAMBINI E SINISTRA

Chi dice ai bambini
Dovete pensare a destra
è di destra
Chi dice ai bambini
Dovete pensare a sinistra
è di destra
Chi dice ai bambini
Non dovete pensare affatto
è di destra
Chi dice ai bambini
Quel che pensate è indifferente
è di destra
Chi dice ai bambini
quello che lui pensa
e dice loro anche
che vi potrebbe essere qualcosa di sbagliato
è forse
di sinistra

ERICH FRIED

domenica 2 novembre 2008

LETTERA DA ROMA

Ero a Roma, sul pulman dei sindacati che è andato alla manifestazione a Roma. Siamo rimasti fermi tre ore dopo aver percorso 200 metri dalla stazione Termini. Piazza del Popolo, punto d’arrivo, l’abbiamo visto in cartolina. Quando abbiamo deciso di sfollare verso l’una, stavano ancora arrivando dei gruppi dalla stazione dei metro che iniziavano la loro manifestazione. Non ci si poteva muovere, il corteo era completamente bloccato e non si sfilava. Così si girava lì, dandosi un’occhiata intorno, guardando manifesti e volti, striscioni e colori di una giornata fantastica. Ero in una zona di studenti medi, di scuole superiori. Molte sembravano in gita scolastica, guidate dai prof che saltavano quando i loro studenti urlavano “Chi non salta la Gelmini è”. L’aria era distesa, l’allegra spavalderia dei ragazzi contrastava con la serietà con cui si ponevano il problema della scuola.
“Prof, adesso dove lo metto lo striscione?” dice serio un ragazzo, a metà strada tra autonomia e diligente sottomissione all’autorità.
“Con questa riforma a scuola non si torna” lo slogan accomunava ragazzi e docenti, in cerca di un futuro possibile.
“Mary star, la riforma fa cagar”
“Siamo contro l’UGM, Università Gelminicamente Modificata”
I cartelli erano di ogni tipo fatti di ironia, sberleffi, voglia di ridere. I volti erano allegri, colorati, le magliette con scritte che immagino disegnate sopra la sera prima, dopo una cena con amici. Poi le cose più serie.
“Scusate, ma smetteremo di curarvi il cancro” diceva lo striscione di alcuni ricercatori che facevano i conti con i loro tagli. Le ore passavano con le buone notizie da Pavia..
“Siamo tanti”
“Piazza Vittoria è strapiena”
“5.000 persone!!!”
Siamo tornati indietro, gli occhi pesti dal sonno e la schiena disfatta da ore in piedi. Alla nostra età! Riflettevamo su un piccolo cartello, scritto a mano. Sintetizzava bene le nostre tesi:
“L’istruzione costa. Ma sapete quanto costa l’ignoranza?”

"Divide et impera"

Il sito di Repubblica ha dato in anteprima la notizia della volontà da parte del Governo di avanzare nella riforma della scuola con "più calma". Dal testo pubblicato si evince che il "rallentamento" avverrà soltanto per le Università, con l'esclusivo obiettivo di non far saldare la protesta della scuola con quella delle Università. Il solito divide et impera. I 150 mila futuri disoccupati restano leggeLe proteste e soprattutto i sondaggi hanno fatto cambiare rotta al Governo sulla riforma della scuola. In realtà l'obiettivo è strategico: impedire che le proteste delle Università e della scuola si saldino in un'unica protesta, con effetto devastante per i consensi. Nell'articolo di Repubblica non si fa menzione di uno stop alla riforma della scuola che pertanto resta ufficialmente in atto. In particolare non si fa menzione ad un eventuale ritiro della legge di riconversione del "maestro unico" e del piano programmatico dei tagli che manderà a casa 150.000 lavoratori precari.

Da IL SECOLO XIX del 27/10 M. Maggiani

Meno scuola per mio nipote (e per tutti)
Il Secolo XIX 27 ottobre 2008 (Maurizio Maggiani)
In questi giorni mi sto chiedendo quanti delle centinaia di autorevolissimi commentatori che hanno detto, stanno dicendo, diranno la loro sulla riforma della scuola hanno figli che alla scuola pubblica ci stanno andando, e nel caso se sono usi ad accompagnarli, a parlare con maestre e professori, ad aiutarli a fare i compiti, a seguirli nel loro percorso di istruzione, o demandano invece a queste vili attività tate e nonne, baby sitter e istitutrici.
Ci penso perché le loro opinioni mi sembrano talvolta prive del senso di realtà, come se fossero state elaborate, di malavoglia, su una questione distante e speciosa, così poco interessante nei suoi aspetti crudamente materiali, imposta da un’uggiosa contingenza sociale.
Diversamente, le mie opinioni su detta riforma non hanno la forza di trarre origine da astratto pensiero e teorica elaborazione, ma dalla pratica della realtà e nella pratica della materia si sono formate e anche, all’occorrenza, dalla nuda realtà mutate.
Si dà il puro caso che io sia lo zio e il padrino di un ragazzino, Richi, di dieci anni, che questo ragazzino frequenti la quinta elementare, che per quello che posso mi occupi della sua formazione materialmente.
Per questa ragione, molto pratica e del tutto fortuita, mi occupo dei problemi della scuola, della sua scuola, scarsamente interessato all’elaborazione teorica, assai pressato invece dagli aspetti vividamente concreti del sistema formativo in cui è inserito. Quello che so dunque me lo sono andato a vedere con i miei occhi, mattino dopo mattino, me lo sono riscontrato pomeriggio dopo pomeriggio, verificato con gli interessati sera dopo sera. Cercherò dunque di elencare di seguito quello che so della scuola, di Richi che ci va, della riforma prossima e di come cambierà l’una e l’altro.
La scuola che sta frequentando Richi è una scuola a tempo lungo; si va cianciando qua e là di scuola a tempo pieno, che è cosa assai diversa. La scuola a tempo pieno, dove lo zio ha insegnato per sei splendidi anni giovanili, è un progetto didattico educativo complessivo che non esiste più, non più dall’approvazione della legge 53, approvata ai bei tempi del ministro Moratti.
A dieci anni Richi sa molte più cose di me quando ne avevo tredici. In matematica, in storia in analisi della lingua, in geografia e in scienze fisiche. Pur essendo affetto da un grave handicap visivo, ha potuto seguire il corso di studi senza alcuna limitazione, cosa inimmaginabile ai tempi di suo zio. Questo è dovuto alla diversa metodologia didattica e all’organizzazione scolastica. La scuola di suo zio aveva il compito primario di alfabetizzare una nazione, ed era dotata di personale idoneo a questo scopo – la mitica maestra Fabbri -, la scuola di Richi è immersa nella complessità, là dove naviga Richi e il mondo che deve affrontare. Il tempo lungo, le diverse figure educanti con diverse specializzazioni, il sostegno personalizzato, sono alla base del suo successo scolastico.
Con la riforma prossima Richi perderebbe gran parte di tutto ciò. Con la riforma a regime – e il sottoscritto si basa unicamente sul decreto legge già in attuazione, sulle proposte ministeriali nella parte reperibile per iscritto e sui conteggi che se ne traggono - Richi non avrebbe più il suo sostegno personalizzato per decurtamento dei fondi necessari, non più le maestre con diverse specializzazioni per introduzione del maestro unico, e otto ore di meno di scuola alla settimana, per l’eliminazione del tempo lungo. Tanto per dire, Richi farebbe 22 ore di lezione settimanali: più due di religione, otto ore settimanali in meno di oggi. Tanto per dire, non avrebbe più una insegnante di inglese perché gli insegnanti che si vanno assumendo devono certificare di essere loro in grado di insegnare la lingua straniera. Dovranno dunque sottrarre, sempre che ne abbiano la voglia e la possibilità alle altre materie il tempo per l’insegnamento della lingua. L’informatica, così cara a tutti noi, sparirebbe dall’insegnamento specialistico, perché la figura dell’insegnante di informatica non è affatto prevista in organico, ma le nuove insegnanti si occuperanno, anche se prive di certificazione, di informatizzare gli alunni nel modo che potranno. Cinquanta anni or sono lo zio aveva per alfabetizzarsi due ore in più di Richi alla settimana, e di lingue straniere e informatica nemmeno si fantasticava. Come lo zio, anche Richi potrebbe avere 28 compagni di classe, oggi ne ha 19, e non credo che la sua insegnante unica potrà troppo curarsi del suo deficit visivo, né di molte altre quisquilie che richiedono un minimo di personalizzazione dell’insegnamento. Non ci riusciva nemmeno la mitica maestra Fabbri a cui lo zio tanto deve.
Si chiacchiera anche di sprechi nella scuola. Nella scuola di Richi ci sono due bidelle per cento bambini, una precaria dello Stato e una di una ditta appaltatrice; tante quante ce n’erano nella mia scuola, solo che allora erano di ruolo. Da quattro anni la carta che si usa a scuola è regalata da una assicurazione che ha cambiato proprietà e ha dunque dovuto cambiare la carta intestata. Ha regalato anche penne e varia cancelleria, tutta siglata con l’antico, austero marchio assicurativo. I quattro computer in dotazione sono stati offerti dal Comune, che li usa quando la scuola diventa seggio elettorale. È da tempo che la scuola non ha i fondi per cambiare le cartucce esaurite dell’inchiostro delle stampanti. A proposito, quando il passato governo lanciò lo slogan “un computer per ogni bambino” questo si tradusse nello sconto del 20% sull’acquisto di alcune marche indicate (?!), sconto che qualunque grande magazzino fa regolarmente senza che il governo glielo dica; oggi la gran parte dei compagni di Richi ancora non possiede un computer e men che meno un collegamento a internet, o perché le mamme preferiscono acquistare colonie e cotì per se stesse, o proprio non hanno soldi. Ma la scuola forse quest’anno riuscirà ad avere un collegamento Adsl dopo sei anni di richieste. Dove e come è possibile risparmiare, dove sono gli sprechi?
Per finire, Richi ha sempre portato a scuola il grembiule, e ci è parso funzionale e pratico senza aspettare un decreto che ce lo imponesse; non siamo dei genitori così amanti del glamour infantile.
Ho esposto alcune modeste considerazioni sulla scuola primaria perché questo grado di istruzione è già oggetto di decreto legge, dunque la riforma è già in atto e ne posso ricavare considerazioni basate sul concreto non sulle illazioni. Per la scuola secondaria sappiamo di fatto poco e quel poco non significa nulla, se non che è evidente che si intenda fare di meno ma non si capisce come si possa fare di meglio. Vorrei proprio capire perché un istituto professionale - che sarà pure frequentato dalla feccia proletaria e sottoproletaria, ma ha pur sempre una sua ragione in questo Paese ancora infestato da proletari e sottoproletari - che offre un monte ore di insegnamento ridotto del 20%, possa essere più efficace e funzionale. Forse perché attualmente si studiano materie inutili? Quali sono le materie inutili, perché lo sono?