venerdì 27 febbraio 2009

NON SEPARARE LA SCUOLA DALLA VITA


Nel mio lavoro pedagogico mi ritorna spesso in mente la scuola della mia infanzia.

Arrivavamo a scuola attraverso le strade e i sentieri, ebbri di aria aperta, nutriti delle opere che per noi avevano un grande significato, opere legate alla nostra vita presente e futura. Nutriti di giochi naturali e di canti di uccelli.


Le preoccupazioni? Ben di rado ci accompagnavano.

Il ragazzo in libertà, tra i suoi compagni, non è mai preoccupato, a meno che sia malato. La vita lo accaparra e lo sospinge avanti con un ottimismo fiducioso e promettente.
Eccoci giunti a scuola. Le idee non ci mancavano, e originali. La parola ci soccorreva veloce, con sottigliezza e arguzia. Si incrociavano le iniziative buone o cattive.

Ma bruscamente la campana suonava, producendoci ad un tratto una specie di vuoto interiore.
La vita si fermava lì: la scuola cominciava.

Un mondo nuovo, totalmente differente da quello che vivevamo: con altre regole e altri obblighi, altri interessi. O, cosa più grave, un'assenza di interessi talvolta drammatica. Un'ultima volta contavamo le palline nelle nostre tasche, nascondevamo una bella conchiglia trovata per la strada, e che avremmo ritrovata all'uscita dalle lezioni. Dovevamo scacciare il cane, che ci aveva seguito, e si mostrava ben sorpreso di vederci diventare anonimi, pallidi, tutti in riga, e scomparire in questo luogo separato dal mondo, e dove era proibita ogni vita.

Ponevamo il nostro cuore sul muricciolo antistante la scuola. Là forse poteva battere.
In classe certamente no.
La porta si richiudeva, la scuola cominciava.


Freinet, Le mie tecniche, Firenze, La Nuova Italia, 1969

giovedì 26 febbraio 2009

La Scuola svuotata


Quale futuro per i bambini della 'nuova' scuola?

INCONTRO CON FRANCO FRABBONI
GIOVEDI' 26 FEBBRAIO 2009 - ORE 17
AULA MAGNA - UNIVERSITA' DI PAVIA





E per chi non c'era ecco una sintesi videoregistrata degli interventi dei relatori e l'intervista.
Il Comitato ringrazia tutti coloro che hanno partecipato all'incontro.

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Rassegna stampa su "La Scuola svuotata"
- Il Mondo del Lunedì (02/3/2009)
- La Provincia Pavese (27/2/2009)
- Telepaviaweb (26/2/2009)
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Materiale per la promozione dell'incontro con Frabboni del 26/2/2009
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Da scaricare, diffondere, inviare
- tagliandi da distribuire a tutti i conoscenti
- volantino da distribuire ai genitori della scuola (A4) e da attaccare all'esterno (meglio se stampato in A3)
- Comunicato Stampa
- profilo del Comitato per invitare a nuove adesioni ed iscrizioni

Informatica nella primaria? Non è prioritario

Quindi l'informatica nella scuola primaria non esiste più!

La conferma arriva dalla fonte più autorevole, il sito del Ministero dell'Istruzione, che dedica uno spazio alle domande e relative risposte sulla Riforma (le famose faq); al quesito n° 23, posto da un genitore, si legge testualmente:
"Ho letto che per le classi dalla seconda in poi non cambierà nulla, a scuola invece mi dicono che mio figlio il prossimo anno non avrà le stesse maestre e soprattutto non ci sarà più la possibilità di fare il laboratorio di informatica (è una classe numerosa) a causa dell'abolizione delle compresenze. Chi ha ragione?"
Risposta del Ministero:
"Le classi successive alla prima nel prossimo anno scolastico avranno confermato l'orario di funzionamento di quest'anno (27 o 30 ore settimanali più eventualmente la mensa). La riduzione delle ore di compresenza comporterà qualche riassetto organizzativo, ma in linea di massima le insegnanti della classe potranno essere confermate. La scuola, nella sua autonomia didattica e organizzativa, potrà organizzare le attività e gli insegnamenti facendo in modo di assicurare la massima funzionalità dei servizi. Ci auguriamo che anche il laboratorio di informatica possa trovare spazio tra le attività, anche se vorrà convenire che esso non costituisce, soprattutto nella scuola primaria, un insegnamento prioritario ."

Ne aveva parlato anche Repubblica il 23 febbraio scorso:
"Sparisce dalla scuola la "I" di informatica. I tagli del governo, infatti, cancellano uno dei pilastri della riforma Moratti: quella delle tre "I" (inglese, impresa, internet o informatica). Dal prossimo anno scolastico, infatti, gli insegnanti della scuola elementare (ora primaria) e della media (secondaria di primo grado) dovranno fare i salti mortali per aprire il mondo delle conoscenze informatiche ai propri alunni. Il taglio delle cosiddette compresenze nella scuola primaria e la riduzione delle ore di Tecnologia nella scuola secondaria di primo grado renderà quasi impossibile l' insegnamento dei primi fondamenti di Informatica e Internet a bambini e ragazzini. - (INTRAVAIA E LODOLI )"


Ma da qualche giorno l'ultima frase (evidenziata in grassetto) è magicamente scomparsa dalla faq!!
Il Ministero è corso ai ripari cancellando la frase che un ingenuo e sincero collaboratore del Ministero stesso aveva pubblicato.
Il MIUR ha precipitosamente emesso un comunicato ufficiale per tentare di metterci una "pezza", ma il danno ormai è fatto: il Re è nudo!
D'altronde non era difficile intuirlo.
Se vengono eliminate le compresenze, introdotto il maestro tuttologo, aumentati i bambini per classe, come si può pensare di poter gestire un laboratorio di informatica di oltre 25 bambini?
Può immaginarlo solo chi non ha mai avuto bambini a scuola o non vi ha mai lavorato.

- L'inglese si era già perso con l'eliminazione degli specialisti e con l'affidamento al maestro unico dell'insegnamento della seconda lingua.

- Ora tocca all'informatica/internet, come effetto della eliminazione delle compresenze.

- Non possiamo che aspettarci, vista la crisi finanziaria in atto, anche l'eliminazione della terza I, come Impresa, ovvero l'eliminazione di qualsiasi percorso di integrazione e di sinergia con il mondo del lavoro. Quali prospettive di preparazione al mondo produttivo potrà fornire una scuola svuotata di contenuti formativi ampi e ridotta a semplice mercato di futura forza lavoro precaria e disoccupata?

Alle I del Ministro contrapponiamo le nostre tre C:
- Cuore, perchè la scuola è luogo di relazioni e sentimenti
- Conoscenza, perchè la scuola è percorso di formazione e costruzione di apprendimenti e competenze
- Cittadinanza, perchè è nella scuola che nasce il nuovo cittadino, tollerante e solidale, multiculturale e cosmopolita.

giovedì 19 febbraio 2009

Ancora sul decreto Aprea

L'ANALISI
Il pericolo di un accordo bipartisan
I 22 articoli del disegno di legge Aprea, fermo in VII Commissione alla Camera, si articolano soprattutto su 2 temi: l'autogoverno della scuola e la condizione dei docenti.
Le scuole vengono trasformate in fondazioni, istituti di diritto privato. Infatti lo Stato garantisce loro una cifra fissa e identica per tutte, ma le aziende o gli enti, associazioni o utenti potranno contribuire con finanziamenti. Tale condizione - tra tutti i possibili scetticismi rispetto alle concrete velleità di entrare come finanziatori di un'istituzione scolastica - configura la possibilità non solo di privatizzare qualunque scuola, ma di creare immense disparità tra istituti, a seconda del livello ordinamentale, dell'utenza, della collocazione nel territorio.
Al consiglio di istituto - attraverso una rivisitazione dei decreti delegati - verrà sostituito un consiglio di amministrazione (nel quale non sono più compresi gli Ata), di cui farebbero parte rappresentanti degli enti locali e del mondo del lavoro e delle professioni. Non è un caso che questo percorso (di cui non è difficile individuare, oltre che le criticità rilevate, i danni in termini di ingerenza sulla libertà di insegnamento) rappresenta una mano tesa verso Confindustria, che a più riprese ha avallato e richiesto una simile trasformazione.
La carriera dei docenti - la cui formazione iniziale è concepita sul modello 3+2, con un corso universitario caratterizzato per il 75% da crediti di tipo contenutistico-disciplinare e solo per il 25% di tipo relazionale, didattico, pedagogico, cui seguirà un anno di tirocinio validato dal giudizio del dirigente, dopo il quale il candidato potrà iscriversi ad un albo rigorosamente regionale - sarà articolata in 3 livelli: iniziale, ordinario ed esperto.
Gli aumenti stipendiali saranno vincolati all'anzianità e all'appartenenza al singolo livello, determinato da concorsi banditi dai singoli istituti. Si propone così, oltre che un aggravio di lavoro difficilmente gestibile dalle segreterie, un sistema di reclutamento improntato a "cordate" interne più i meno di potere, meccanismo non dissimile da quello che il centro destra ha sbandierato di voler debellare all'università.
Infine, spariranno le Rappresentanze sindacali unitarie e per i docenti verrà istituita una specifica area contrattuale. Il fatto che le politiche sull'istruzione del centro destra non si limitino semplicemente in un - seppur allarmante e drammatico - disinvestimento economico e culturale, che culmina negli otto milioni di tagli alla scuola e nell'annullamento di più di centotrentamila posti di lavoro, è chiaro più che mai. Perché qui si accompagna il desolante passaggio dalla scuola della Repubblica (statale, laica, pluralista, inclusiva) alla scuola privata (confessionale, aziendalista, esclusiva, "omologata"). Qui si vanno a minare definitivamente le basi dello stato sociale come frutto del patto di solidarietà che sta alla base della Carta, e si scongiura ogni possibilità di affidare alla scuola funzioni emancipanti rispetto alle condizioni socioeconomiche di partenza di tutti e di ciascuno.
Il sospetto stazionamento prolungato del disegno di legge può essere letto da differenti punti di vista. Conflitti interni a Forza Italia: la sconfitta di Valentina Aprea, responsabile scuola nazionale, dirigente scolastico e ministro in pectore, nella corsa alla poltrona di viale Trastevere a vantaggio della neofita e incompetente Maria Stella Gelmini, fu bruciante. Tanto più che Gelmini si era segnalata pubblicamente solo per una proposta di legge presentata il 5 febbraio 2008 alla Camera - "Per la promozione e l'attuazione del merito nella società, nell'economia e nella pubblica amministrazione": una beffa da una come lei che, nata e vissuta in Lombardia, ha acquisito il titolo di avvocato solo dopo un fittizio trasferimento a Reggio Calabria. Oppure, come sostengono altri, la lentezza dell'iter potrebbe essere dovuta alla volontà di far convergere in un unico testo proposte provenienti anche dalla cosiddetta opposizione.
Considerando che le leggi su parità e autonomia scolastica furono licenziate dal centrosinistra; che l'idea delle scuole fondazioni era contenuta nel decreto Bersani del 2007; che la riforma del Titolo V della Costituzione e l'astensione dal voto dimostrano che federalismo, regionalizzazione e sussidiarietà sono principi condivisi anche dal chi dovrebbe opporsi alla deriva mercantilistica, aziendalista e privatistica configurata dalla proposta Aprea, non disperiamo che il progetto bipartisan possa riuscire.
Aggravato dalla notizia ventilata che Gelmini potrebbe essere candidata alle Europee; in quel caso Aprea, sebbene titubante, potrebbe succederle, alimentando il dilemma se sia meglio un'incompetente yes woman di una competente jihadista del mercato.
Prima di adattarci a intonare il requiem annunciato per la scuola della Repubblica, degli art.3, 33 e 34 della Costituzione, tentiamo di fare qualcosa. Il pericolo è enorme.
Articolo di Marina Boscaino, tratto da il Manifesto del 13-2-2009, pag. 6

domenica 15 febbraio 2009

Regolamenti attuativi: chiaro e motivato
No del Consiglio Nazionale Pubblica Istruzione

Incontro dell'11 febbraio al Ministero sui Regolamenti attuativi

Il CNPI ha espresso oggi, in modo articolato e all’unanimità, il parere fortemente critico sui regolamenti attuativi delle norme approvate nell’estate scorsa, ormai sostenuti dal solo Governo e dall’Amministrazione.

Usque tandem, il ministro Gelmini continuerà ad ignorare il rifiuto, chiaro, netto, sempre motivato che tutto il mondo della scuola e degli esperti sta esprimendo sin dall’approvazione delle norme che, se attuate secondo i contenuti degli schemi di regolamento, respinti prima dalla Conferenza Unificata Stato Regioni ed ora dal CNPI, porteranno alla distruzione del patrimonio culturale, professionale, democratico che la nostra scuola migliore ha accumulato negli anni?

Pensiamo che solo un Ministro, debole e privo di competenze sulla scuola, poteva e può consentire che le esigenze di bilancio del collega dell’Economia, Ministro unico in carica, siano pagate a carissimo prezzo dal sistema pubblico dell’istruzione.
Solo un Governo miope, incapace di pensare e progettare il futuro del paese, può pensare di tagliare risorse e personale all’istituzione deputata all’istruzione e all’educazione delle bambine e dei bambini, nonché degli adolescenti, condannando loro ed il sistema sociale, economico e produttivo ad un futuro più povero ed arretrato del presente.

La scuola, in tutte le sue articolazioni, non può accettare l’idea di una sua profonda destrutturazione.

Rinnoviamo l’appello al Ministro a fermarsi su questa pericolosa china: ascolti le ragioni di chi in questi anni si è impegnato e lavorato per una scuola ed un paese migliori.

Roma, 13 febbraio 2009

Tratto dal sito del la Federazione Lavoratori della Conoscenza

giovedì 5 febbraio 2009

"Per quante ore starà a scuola?" I genitori restano senza risposte

"Scelto il modello orario della scuola elementare, riuscirò ad ottenerlo?". E' questa la domanda che si pongono migliaia di genitori alle prese in questi giorni con le iscrizioni (scadono il prossimo 28 febbraio) dei figli alla scuola primaria. Al momento, nessuno può dare una risposta e sulla questione regna più di qualche confusione. Da una parte le dichiarazioni del ministro dell'Istruzione, Mariastella Gelmini, che illustra il modello a 24 ore con il maestro "unico di riferimento", dall'altra i "consigli" delle associazioni dei genitori e degli insegnanti che spingono le famiglie a scegliere i modelli a 27, 30 e 40 ore. Ma come stanno le cose?

Per avere un'idea di cosa accadrà il prossimo mese di settembre basta fare riferimento alla circolare sulle iscrizioni dello scorso 15 gennaio e alle direttive degli anni scorsi sulla formazione degli organici del personale. Alla circolare il ministero quest'anno ha allegato i modelli di iscrizione che le scuole possono adottare. Per l'iscrizione in prima elementare i genitori possono scegliere fra quattro modelli orario: 24, 27, 30 o le 40 ore settimanali del tempo pieno. Ma, fatta la scelta, chi assicura a mamme e papà che il proprio figlio otterrà quel modello orario? Nessuno, purtroppo.

Basta fare un semplice esempio. Supponiamo che una famiglia abbia scelto il modello a 24 ore in un determinato plesso scolastico nei pressi della propria abitazione. Se nello stesso plesso il numero delle famiglie che hanno scelto il modello a 24 ore sono poche (9 per esempio) si prospettano diverse soluzioni, non certo quella di formare una prima classe con meno di 10 alunni. Ipotesi che il decreto sulla formazione delle classi, peraltro, non prevede perché troppo costosa.

In questo caso si aprono due strade: la proposta da parte della segreteria scolastica di trasferimento in un altro plesso per mantenere il modello a 24 ore settimanali o quella di un altro modello-orario nello stesso plesso. Lo stesso ragionamento vale per gli altri modelli-orario, soprattutto per quelli a 30 ore e a 40 ore settimanali (tempo pieno) per i quali lo stesso modello di domanda mette in guardia: "preferenza subordinata a disponibilità di organico della scuola". Idem per il tempo prolungato e l'Inglese potenziato (5 ore settimanali anziché 3) alla scuola media. Il ministero assegnerà infatti alle scuole un determinato numero di posti, sarà compito delle stesse fare quadrare i conti.

Discorso che si può ripetere se le preferenze delle famiglie superano le 28 unità con le quali è possibile formare una classe di scuola elementare. Il modello di iscrizione, infatti, non chiede alle famiglie di operare una scelta ma di indicare "in ordine di preferenza" i diversi modelli. Sarà poi la scuola, in base alle richieste e agli organici a stabilire chi potrà essere accontentato. Intanto, le associazioni dei genitori e i sindacati consigliano alle famiglie il tempo pieno e il tempo prolungato. E da una inchiesta lanciata dal sito internet del Tg1 è emerso che sono 3 su 4 le famiglie italiane che gradirebbero il tempo pieno di 40 ore settimanali.

Ma la circolare ministeriale sulle iscrizioni è categorica: "l'attivazione del tempo pieno - recita il documento - è subordinata alla preliminare, inderogabile dell'esistenza e dell'effettivo funzionamento, nonché di un numero di richieste atte a legittimare la formazione della classe" e "alla disponibilità di organico". Le classi funzionanti a tempo pieno sono, quest'anno, 25 su 100. Sarà questo con ogni probabilità il numero di richieste che sarà possibile accogliere.
di Salvo Intravaia
(4 febbraio 2009)